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Recensione Shadowland, il documentario su Richard Stanley

Diretto da Otso Tiainen, in concorso al Torino Film Festival

Recensione Shadowland, il documentario su Richard Stanley

Una regione incontaminata, persa nel mito della magia e della stregoneria, ospita cercatori del Sacro Graal, ma il viaggio non è soltanto mistico, né solamente alla scoperte di sé. Verità inattese sembrano emergere nel corso della storia, come un’evoluzione dinamica che riprende il corso dell’esperienza dei personaggi che animano la narrazione.


La regia di Otso Tiainen si propone di raccontare la parabola del regista Richard Stanley, la sua attività di guida spirituale a Montségur, dopo gli insuccessi registrati a Hollywood, ma anche il ritrovato successo e le problematiche umane, l’inattendibilità. Tiainen parte per compiere una produzione di rinascita, ma si ritrova costretto a indagare i fatti mentre accadevano, ricostruendo la verità ritrovatasi davanti ai suoi occhi, precisa o falsata, voluta o presunta, ma comunque rappresentata.


In principio Otso Tiainen mostra la gente, la comunità, con Richard Stanley che emerge come un'entità spirituale, guida turistica, poi la sua figura diviene ambigua, muta, mentre la vita di Stanley prende pieghe inattese. Tiainen riesce a mostrare l’essenza del protagonista, la sua evoluzione, la narrazione sembra adattarsi a quelle che sono le dinamiche reali, concentrandosi sullo svolgimento precedente le accuse riguardanti Richard Stanley, valutando la reinvenzione del protagonista, ma anche gli aspetti più sconvenienti e inclementi.


Una storia di magia, fuga dalla realtà, di ricerca di sé, ma anche dell’abisso personale, di ricerca della veridicità. La regia di Otso Tiainen si pone il proposito di scoprire e documentare l’insolito mondo dei ricercatori del Santo Graal, ma finisce per definire la controversa figura del regista Richard Stanley.

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