Recensione libro La piramide di fango di Camilleri, un caso d'opira di pupi sulla scrivania di Montalbano
La piramide di fango (Sellerio editore Palermo) di Andrea Camilleri: il ritorno di Montalbano, in testa alla classifica dei libri più venduti.

La piramide di fango (Sellerio editore Palermo) di Andrea Camilleri - Il cadavere di un giovane uomo viene ritrovato in un cantiere. Indossa la canottiera e un paio di mutande. È stato raggiunto da un solo colpo di arma da fuoco in mezzo alle scapole: nella notte temporalesca il ragioniere Gerlando Nicotra, detto Giugiù, sorpreso nel sonno, ha inforcato la bicicletta con l’intenzione di raggiungere quel luogo – questa è la sensazione di Montalbano – ma perché?
Trama La piramide di fango - Montalbano segue l’indagine che va complicandosi. C’è Inge, la bella moglie tedesca di Giugiù, che sembra sia tornata in Germania; c’è un misterioso zio, ospite fisso dei Nicotra, scomparso; e c’è, infine, qualcuno a cui fa comodo inscenare un dramma della gelosia per chiudere il caso.
Con una montagna di carte "urgentissime" da firmare, Montalbano immerge la faccia sotto l’acqua fredda per prepararsi alla telefonata di Livia e affrontare la “botta al cori”: dalla morte di François, il ragazzino tunisino che la donna avrebbe voluto adottare, infatti, Livia non è più la stessa.
Recensione - La piramide di fango è ambientata in una insolita Vigàta lunare dove proiettare l’umore accordante dello stesso Montalbano: “Viduto al lumi dei fari, nella notti completamenti priva di luna pirchì cummigliata da ‘na coltri pisanti di nuvole cchiù nìvure del nìvuro notturno, il canteri pariva la scinografia ideali per ‘na pillicula espressionista tidisca, con il forti contrasto tra luci e scuro e con le ùmmire diformate e giganti che assomigliavano a proiezioni di figure mostruose e immobili”.
Quel luogo è un ammasso di rottami senza tempo. La domanda torna a bussare nella mente di Montalbano, perché Giugiù è venuto a morire qui?
“I colori non esistivano cchiù, non si vidiva ‘na cosa che non avissi lo stisso uniformi grigiastro della fanghiglia. Il fangue, come diciva Catarella. E forsi non aviva torto, pirchì il fango ci era trasuto nel sangue, ne era addivintato parti ‘ntegranti. Il fango della corruzione, delle mazzette, dei finti rimborsi, dell’evasione delle tasse, delle truffe, dei falsi in bilancio, dei fondi neri, dei paradisi fiscali, del bunga bunga… Forsi, arriflittì Montalbano, quella era il simbolo della situazioni nella quali s’attrovava il paìsi ‘ntero”.
Ma c’è un altro dubbio che lo sorprende: “Ma era veramenti esistita da quelle parti la terra dei limoni (e macari dell’aranci)? O era stata ‘na fantasia poetica?”.
Un caso che si rivela, appunto, una piramide di fango in cui confluiscono le trame della politica, dell’imprenditoria e della mafia: a Montalbano occorrerà una “sfunnapedi” per decapitarla.
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