Recensione libro La figlia di Burger di Nadine Gordimer, accetto i limiti di quello che conosco

Comics / Super Heroes / News - 15 July 2014 19:16

Nadine Gordimer pubblica La figlia di Burger nel 1979: il libro è messo al bando dal governo sudafricano mentre il resto del mondo si schiera dalla parte della scrittrice.

image
  • CONDIVIDI SU
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon

The Florida Project

Nadine Gordimer - Nadine Gordimer, Premio Nobel nel 1991, ne era convinta: ogni romanzo sul Sud Africa non può eludere il problema del razzismo, non esiste altro paese nel mondo occidentale in cui il più insignificante evento privato sia radicato in un assetto sociale governato da leggi razziste.

Le critiche e il divieto - La figlia di Burger si confronta, in un certo senso, con le critiche rivolte alla scrittrice - i lettori delle sue opere sarebbero bianchi priviligiati, il prodotto del suo immaginario letterario sarebbe viziato dal retaggio, la sua arte solipsistica: il suo settimo romanzo raggiunge evidentemente l'obiettivo, tanto scomodo da essere messo al bando dal governo. Nadine Gordimer racconta le vicende della pubblicazione di La figlia di Burger in un opuscolo, What happened to Burger's Daughter or How South African censorship works. L'indignazione di intellettuali famosi e associazioni potenti in tutto il mondo costringono le autorità a fare un passo indietro e permettere la diffusione dell'opera.

Apartheid - Accetto i limiti di quello che conosco, riconoscerà la scrittrice rinunciando alla caratterizzazione di personaggi di colore in un paese dove le barriere razziali sono un muro alla comprensione.

La figlia di Burger trama - Anni Settanta, Johannesburg. Al massacro di Sharpeville del 1960 seguono le persecuzioni e i processi politici. Rose cresce in una famiglia di attivisti bianchi Afrikaner anti-apartheid, membri del partito comunista del Sud Africa. La casa dei Burger è sempre aperta a tutti. Rose crescerà insieme a Baasie, il bambino di colore adottato dai Burger. Appena adolescente perde la madre Cathy che muore di sclerosi multipla in prigione. Anche il padre Lionel finirà in carcere dove morirà, ufficialmente suicida, assassinato.
Il romanzo si chiude con la sommossa di Soweto. È la fine dell'ideale di una pacifica società multirazziale.

Che cosa hanno visto? - Nadine Gordimer alterna la narrazione della prima con la terza persona. Questa tecnica permette al lettore di mediare i punti di vista: “Quando mi hanno vista davanti la prigione, che cosa hanno visto?” si chiede la quattordicenne Rose in visita alla madre, “Non lo saprò mai. È tutto così artificioso. Vedevo – vedo – quel profilo in uno specchio tenuto in mano e puntato in un altro specchio; so come sono sopravvissuta, non infelice e , se non popolare, almeno con la taciata e riconosciuta sensazione che noi – io e la mia famiglia – eravamo superiori a loro, in quella scuola; capisco la blanda magniloquenza delle memorie mal scritte dei fedeli; brave persone nonostante il loro fanatismo”.

Un asino picchiato a sangue - Con la morte del padre, Rose volta pagina nel tentativo di scrollarsi di dosso l'identità di figlia di Burger. Assiste, senza avere la forza di intervenire, a un brutale episodio di violenza: un asino picchiato a sangue da un anziano di colore ubriaco: “Lasciai che picchiasse l'asino. L'uomo era un nero. Di conseguenza una sorta di vanità pesò più dei sentimenti; non sopportavo di vedere me stessa – in lei – Rose Burger – uno di quei bianchi che si preoccupano più degli animali che delle persone. Da quando sono libera, sono anche libera di diventare così”. Rose ha deciso:“Dopo l'asino non potei più fermarmi. Io non so come vivere nel paese di Lionel”.

La fuga - Vola in Europa lasciandosi alle spalle le aspettative riguardo all'impegno politico richiesto come figlia di Lionel Burger, eroe e martire dell'appartheid. Ma in Europa è al centro dell'interesse di tutti, media compresi. La sua fuga è intesa come necessità conseguente alla persecuzione politica.
Una notte riceve la telefonata di Baasie che non vede da anni. Le dice di chiamarsi Zwelinzima, significa terra sofferente, ricordandole che suo padre, Lionel Burger, è un martire tra i tanti: “Conosco un mucchio di neri come Burger. Non contano, siamo soltanto neri noi, certo ci siamo abituati, non ci mostreranno alla televisione inglese”.
Baasie non è mai esistito se non nella memoria illusoria di Rose. Le chiede astioso Zwelinzima: “Cosa avevo di tanto speciale? Un bambino nero come tanti. Tutto quello che voi bianchi toccate diventa roba vostra. Era lui mio padre. Anche quando saremo liberi, vorranno ricordarci di ringraziare Lionel Burger”. Perchè dovrebbe vedersi: “Io non so chi sei. Mi senti, Rose? Tu non conoscevi neanche il mio nome. Non devo dirti cosa faccio”.

Baasie come Rose – Anche Rose si rende conto di non essere mai esistita se non come proiezione degli altri. Se non come “la figlia di Burger”. Un unicorno, una creatura dell'immaginazione. L'Europa rappresenta la spensieratezza, qui Rose conoscerà l'amore. Tuttavia, tra il desiderio del privato e l'impegno civile, non può sottrarsi al senso della responsabiltà.
L'Inghilterra per Rose sarà sempre così: “strati di ombra lungo la strada assolata, timidi piedi bianchi di persone che si sono tolte scarpe e calzini per sentire l'erba, il sole che serpeggia sulle scie dei battelli da diporto sul fiume antico; dove la gente siede a bere sulle panche davanti ai pub e le ragazze si lisciano con le dita i capelli lucenti”.
Torna nel paese natìo, riprende il lavoro di psicoterapeuta in soccorso dei bambini nati paralitici.
In seguito alla protesta degli studenti di Soweto contro l'obbligo dell'uso dell'africaans nelle scuole, Rose Burger viene arrestata nel novembre del 1977 .

Il dilemma - In tutti i suoi romanzi torna l'interrogativo, andarsene? Altri scrittori hanno scelto l'Europa, Nadine Gordimer è rimasta.

© Riproduzione riservata



Seguici su

  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon