Recensione danza Paul Taylor Dance Company: Sospesi fra cielo e terra

Daily / News - 13 July 2014 12:30

Chiude in bellezza, a dispetto della pioggia, la stagione di danza del cinquantasettesimo Festival dei Due Mondi di Spoleto, grazie ad un intenso spettacolo proposto dalla Paul Taylor Dance Company di

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Danza - Paul Taylor Dance Company. Non sono cielo. Non sono terra. Volano sospesi a metà. Con la loro danza energica, agile e sinuosa i ballerini della Paul Taylor Dance Company di New York hanno dato prova della propria arte ieri sera, sabato 12 luglio 2014, in quella che è stata la serata conclusiva per la stagione tersicorea 2014 proposta dal cinquantasettesimo Festival dei Due Mondi di Spoleto. Nonostante l'allarme pioggia, che ha causato un ritardo nella messa in scena della terza ed ultima coreografia in programma, la stimatissima compagnia, fondata dall'ormai quasi ottantaquattrenne Paul Taylor un sessantennio fa, ha potuto omaggiare un pubblico a caccia d'emozioni grazie a movimenti emblematici, pregnanti, espressivi.

Paul Taylor. Niente a che vedere con la leggiadria e l'immaterialità del balletto classico. Ma i danzatori della Paul Taylor Dance Company nemmeno sembrano affondare in un suolo che pure sfruttano massimamente per spingersi, respingersi, accucciarsi in pose plastiche capaci d'estatica bellezza. Lo spettatore resta colpito, inizialmente attonito. Di fronte ad una danza che non è né su, né giù. Né ieri, né domani. Ma è presente. E forse è proprio questo che sgomenta ed affascina il pubblico: quella di Paul Taylor appare una danza difficile, perché non consente di abbracciare le dimensioni che ci sono tanto care, in cui il pensiero sfugge in un prima oppure in un dopo. Obbliga a vivere il presente, il qui ed ora, cercando di abbandonarvisi scevri da paure e con mente libera da pregiudizi.

Festival dei Due Mondi. Nella suggestiva cornice del Teatro Romano, la Paul Taylor Dance Company ha profuso il proprio impegno nell'arricchire le meraviglie del Festival dei Due Mondi con uno spettacolo fatto di tre pezzi danzati, tutti rigorosamente coreografati da Paul Taylor in persona. La prima performance s'intitolava “Mercuric Tidings” e creava per così dire musica visiva, offrendo un'exploit di creatività nella composizione delle movenze corporee: tredici danzatori in tute blu aderentissime e screziate con un filo d'arancione prendevano possesso del palco ottenendo l'effetto di una confusione studiata e lirica. Le donne sfoggiavano capelli corti o raccolti, oltre ad orecchini luminosi. Gli uomini erano a torso nudo. Nessuno portava scarpe.

Mercuric Tidings. Sulle sinfonie n. 1 e 2 di Franz Schubert, i ballerini hanno realizzato prese uomo-donna, schemi di gruppo articolati fin nei minimi dettagli. Sono apparsi quantomai fisici ed espressivi, riempendo lo spazio di guizzante energia. “Mercuric Tidings” ha subito manifestato agli spettatori l'originalità delle creazioni performate dalla Paul Taylor Dance Company, una compagnia che sceglie la forza, la potenza, che aggredisce il suolo mostrando il contatto con la terra ed il tormento che può derivarne. I corpi dei danzatori non sono fisici ideali od idealizzati. Seppure atletici, risultano profani, mostrando una grande varietà e talora una prosperità che potrebbe non apparire consona all'idea tradizionale conservata nell'immaginario collettivo di un corpo per la danza.

Coreografia Dust. La seconda perfomance è stata un'impetuosa coreografia chiamata “Dust”, sicuramente il pezzo più apprezzato della serata, perché fortemente originale, ricco di mistero e d'accattivante curiosità. Sulle note del “Concert Champêtre” di Francis Poulene la Paul Taylor Dance Company si è esibita con tute a pelle effetto nudo tattoo in un'esaltazione della corporeità offesa e lesionata. I ballerini si piegavano a terra con fisici che parevano urlare, cercavano lo spazio in maniera quasi disperata, proprio come una qualunque creatura terrena cerca ossigeno vitale. Ora sembravano tentare di colmare il divario esistenziale fra essenza ed immagine. Ora apparivano ciechi e si munivano di corde chiare e teli scuri per trovare una soluzione all'impasse di esistenzialità irrisolte.

Piazzolla Caldera. Per l'ultimo pezzo di danza in programma la Paul Taylor Dance Company ha indossato apposite calzature. Si è trattato di “Piazzolla Caldera”, una creazione che rappresenta un excursus nel cuore del tango contemplando l'incontro-scontro fra i sessi, le fantasie ed i desideri di individui visti nella loro sfaccettatura di predatori sessuali. Un finale ad effetto ha provocato l'applauso finale del pubblico che, il giorno seguente alla rappresentazione, rimane ad interrogarsi sulle suggestioni offerte dallo spettacolo di Spoleto. Su danzatori che sovente strisciano a terra, quasi uomini-marionette trascinati da catene invisibili. Che stanno a testa china o a naso all'insù. A vederli viene da chiedersi come sia meglio vivere. Se fissando il pavimento o guardando il cielo. Comunque si rigiri la questione non si va in Paradiso. Si resta in bilico.

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