Funne - le ragazze che sognavano il mare: intervista alla regista del film Katia Bernardi

Cinema / News - 20 January 2017 07:30

Funne - le ragazze che sognavano il mare è il film documentario su un gruppo di ottantenni che hanno un grande desiderio. La regia è di Katia Bernardi: Mauxa l'ha intervistata

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Film The Instigators - video

Funne - le ragazze che sognavano il mare è il film documentario di Katia Bernardi in questi giorni nelle sale. La storia segue dodici ottantenni che abitano in un paese di montagna delle Dolomiti e che non hanno mai visto il mare. Così in occasione del ventennale di un circolo di pensionati si decide di avviare una raccolta fondi per permettere questa scoperta.

Mauxa ha intervistato la regista.

D. Katia, come è nata l’idea del documentario “Funne – le ragazze che sognavano il mare”?

Katie Bernardi. Ho incontrato le Funne e il circolo Rododendro ormai più di tre anni fa e ho subito capito che quelle donne avevano una forza unica e speciale. Avevo già realizzato diversi lavori in Val di Daone: uno in particolare, "Gli uomini della luce" era un documentario nato per raccontare la storia dei grandi impianti idroelettrici a partire dai film industriali realizzati da Ermanno Olmi.

D. Chi sono “Gli uomini della luce”?

K. B. Non erano che i mariti, ormai quasi tutti scomparsi, delle mie Funne. L'idea è stata quella di raccontare quella valle per la prima volta al femminile. Nel corso di quei primi incontri al circolo pensionati ho scoperto una cosa: molte di quelle donne non avevano mai visto il mare. E da lì sono partita.

D. Il film racconta anche la paura di uscire dai propri confini.

K. B. Il film, come anche il libro che ne è nato racconta soprattutto di sogni e desideri, della fatica che si fa a realizzarli. La paura è stata effettivamente uno degli ostacoli più grandi come spesso accade nella vita: paura di uscire dagli schemi, paura del giudizio degli altri, paura di allontanarsi da quelle montagne così incombenti ma anche rassicuranti e anche - lo dice una delle mie protagoniste - paura del mare, di tutta quell'acqua a perdita d'occhio.

D. Il risultato però è stato raggiunto.

K. B. Sì. Ciò che conta è che molte, anche se non tutte ce l'hanno fatta a superare i condizionamenti e a salire sulla corriera per il mare. Il film narra molto di questo. Nello stesso periodo delle riprese io ho preso l'auto e con la mia bimba piccola sono partita per trasferirmi a vivere a Torino, anche se, ahimè, non c'era il mare. D. C’è un episodio curioso?

K. B. Le riprese sono durate esattamente un anno, dal 5 agosto 2014 al 5 agosto 2015. DI episodi curiosi se ne sono accumulati moltissimi: a un certo punto, quando la popolarità delle mie protagoniste è salita per effetto del crowdfunding con il quale hanno raccolto gli ultimi soldi per finanziare il viaggio, a Daone sono arrivati giornalisti di ogni testata. Rai, Mediaset BBC, chiunque insomma. E pure qualche paparazzo.

D. Sono diventate delle star quindi?

K. B. Una giornalista tedesca si è addirittura appostata in chiesa e fuori dalla parrucchiera del paese per fotografarle. Pensa che a quel punto Erminia, la presidentessa del circolo, certa che la giornalista fosse ancora nascosta in Valle, ha deciso di spostare la partenza della corriera per il mare in un altro paese. Senza comunicarlo a nessuno, nemmeno alla produzione.

D. Il documentario mi pare che stia attraversando un nuovo momento di interesse, anche attraverso i nuovi canali distributivi. Sei d’accordo?

K. B. Penso che alcuni casi di grande successo, come “Fuocoammare” di Rosi - per citarne uno - possano aver contribuito a riportare l'attenzione sul genere documentario. Credo però che si tratti più di eventi unici che di un vero e proprio fenomeno di larga scala, anche se sarebbe splendido se succedesse e ci auguriamo che succeda. Inoltre alcuni nuovi canali TV - come Discovery che su Nove e Real Time ha trasmesso il film - possono rappresentare una sponda molto importante per il mondo del documentario.

D. Il tuo prossimo progetto sarà sempre un documentario?

K. B. Dopo anni di documentari storici e sociali, con le “Funne” ho capito - o meglio, sentito - che il genere della commedia è quello dove posso maggiormente ritrovarmi come persona ed autrice e dove posso sperimentare di più. Amo giocare con i generi e con registri diversi e raccontare storie utilizzando linguaggi diversi. In questo momento sono affascinata dalle storie vere che però hanno già dentro se stesse degli elementi da favola e da commedia.

D. Si tratta di raccontare la realtà in maniera comica?

K. B. Sì, è un genere strano "la commedia della realtà”. È una strada non facile. Ma sento che voglio provarci anche se non mi nego che mi sto avvicinando sempre di più all'idea della fiction. Mi interessano in particolare le storie di piccole comunità, di personaggi non illustri, di piccole ossessioni, desideri, sogni da realizzare… ora. Sopratutto quelli degli anziani, quei 'prima o poi' che ci fanno sperare che non sia davvero mai troppo tardi.

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