Festival di Venezia 2017, 'Hannah': incontro con Andrea Pallaoro e Charlotte Rampling
Cinema / Festival / News - 08 September 2017 18:45
Il film è in concorso alla 74° Mostra internazionale di arte cinematografica
Charlotte Rampling è “Hannah”, una donna alle prese con una realtà che non riesce più a riconoscere come sua. Chiamata ad affrontare le conseguenze di un evento che sconvolge la sua vita, la donna comincia a sgretolarsi, a dissolversi.
Andrea Pallaoro, al suo secondo film dopo l’apprezzato “Medeas” (che aveva debuttato proprio a Venezia nella sezione Orizzonti), sceglie la via dell’indagine esistenziale, realizzando un’opera interamente dedicata alla psiche della sua protagonista.
“Il mio obiettivo è sempre stato quello di addentrarmi nel mondo interiore di Hannah”, ha spiegato il regista, “un personaggio intrappolato dalle sue incertezze, paralizzato dalle sue dipendenze. Sono molto attratto dai personaggi emarginati, incompresi dalla società. Ho cercato di favorire un approccio sensoriale ed emotivo, senza distrazioni narrative spesso superflue.”
Già in “Medeas” Pallaoro svolgeva una riflessione sul rapporto tra identità personale e identità sociale; nel caso di “Hannah”, questa analisi si allarga al rapporto di coppia. “Una delle cose che mi interessa di più è esplorare i confini individuali all’interno di una coppia. La domanda alla base è, cosa succede nella psicologia di una persona quando, dopo quarant’anni di vita insieme a qualcuno, si scopre qualcosa di inaspettato? Che rapporto si ha con la propria identità?”
Raccontando la genesi del progetto, e le ragioni che l’hanno spinta ad accettare il ruolo, Charlotte Rampling si è espressa così: “È difficile conoscere davvero le persone, anche, o forse soprattutto, quelle che ci stanno vicine. La telecamera, invece, ti permette di entrare davvero nella mente di qualcuno. Ho accettato perché Andrea sapeva come riuscire in un’impresa simile, e perché questo film parla di solitudine, e di come sopravvivere.”
Pallaoro ha svelato che la sceneggiatura è stata scritta appositamente per l’attrice: “Vidi Charlotte per la prima volta sul grande schermo ne ‘La caduta degli dèi’ di Luchino Visconti, e da quel momento me ne innamorai. Iniziai a seguirla in tutti i suoi ruoli, sognando di poter lavorare con lei, un giorno. Le mandai la sceneggiatura e una copia del mio primo film, e dopo qualche giorno lei rispose che era disponibile ad incontrarmi. Quell’incontro segnò l’inizio di un’amicizia e di una collaborazione artistica. Creare questo personaggio insieme a lei mi ha insegnato tantissimo.”
“Dopo il nostro primo incontro, ho capito che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda,” gli ha fatto eco Rampling. “La produzione non è partita subito come pensavamo, così abbiamo avuto tre anni per diventare amici. Non parlavamo solo del film, ma anche della vita in generale. Mi ha aiutato a capire a fondo questo personaggio, e non capita spesso di avere tutto questo tempo per conoscere la sceneggiatura e il regista. Un attore ha bisogno di sentirsi al sicuro nelle mani del regista, perché solo così può dare il massimo.”
Pallaoro ha anche spiegato come, insieme al direttore della fotografi, abbia elaborato un linguaggio cinematografico per mettere in scena il senso di disorientamento e di confusione provato da Hannah, per esplorare il confine fisico e psicologico tra interno ed esterno.
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