Brooklyn Film Festival, le rivincite del cinema indipendente: intervista al direttore
Cinema / Festival / News - 05 June 2017 08:00
Il Brooklyn Film Festival negli anni si è delineato come uno dei festival che scova il cinema indipendente. Si svolge nel distretto di New York.
Il Brooklyn Film Festival si svolge in questi giorni nell'omonimo distretto di New York, fino all’11 giugno. È stato fondato nel 1997, ed è divenuto un punto di riferimento per il cinema indipendente che cerca anche nuove forme di distribuzione (leggi l'intervista al direttore del Tribeca Film Festival).
Per i film in concorso si va da “According To Her” su un’esperta di tiro con l'arco che giunge in una brutale struttura minorile, a “Kate Can't Swim” dove la vita della protagonista è sconvolta dalla migliore amica che torna da Parigi con un nuovo amante. Dal brasiliano “El Revenge” su una proposta di matrimonio fasulla, all’iraniano “The Sis”, sul rapporto tra una madre e la figlia che dovrà badare a lei. Mauxa ha intervistato Marco Ursino, co-fondatore del Festival.
D. Il festival si sta svolgendo in questo giorni. Qual è la prima parola con cui lo descriveresti?
Brooklyn Film Festival. Dal momento che quest’anno è il nostro ventesimo anniversario, abbiamo pensato di esplorare la “Celebrazione”. Con il festival vogliamo celebrare la nostra esperienza ventennale mentre pianifichiamo il nostro futuro. E poi ci piaceva l’idea di celebrare la nostra esistenza e i rituali giornalieri che ci tengono interessati alla nostra esistenza. E ci piaceva l’idea di esplorare le vittorie quotidiane e le rivincite.
D. Quale evoluzione ha avuto il festival in due decenni?
B.F.F. Da un punto di vista organizzativo e finanziario il Brooklyn Film Festival è cresciuto a livello esponenziale nei primi sette e otto anni. Ed ha poi raggiunto un plateau che ogni anno continua a crescere, ma senza gli enormi sbalzi dei primi anni. Per quanto riguarda la programmazione siamo sempre in cerca di un’evoluzione. Nel nostro caso essa si manifesta nella capacità di prevedere cosa piacerà al pubblico, i cui gusti diventano ogni anno più sofisticati.
D. Nel 2015 ha vinto il film tedesco "Eadweard", che racconta di Muybridge, che fu il pioniere della fotografia del movimento e del cinema. Nel 2016 “Delinquent”, su un ragazzo che segue le orme del padre furfante. Come scegliete i film?
B.F.F. Noi cerchiamo il talento, e lo scoviamo tra i giovani. La collezione di film che lanciamo ogni anno è fatta di progetti molto diversi tra loro.
D. Da qui nascono anche le tematiche opposte tra i film vincitori degli ultimi due anni.
B.F.F. Sì, Giovanni. Se un anno vince “Eadweard” e l’anno successivo presentiamo ”Delinquent”, è perché Brooklyn conta 2,6 milioni di residenti e 190 gruppi etnici. Il BFF si assume con la programmazione la responsabilità di rappresentare e servire questa città cosi grande ed eterogenea.
D. Ci sono film italiani?
B.F.F. Quest’anno abbiamo solo un film italiano, ma che film però. È un documentario di 73 minuti diretto da Simone Manetti. Si intitola: “Goodbye Darling, I’m Off to Fight". La protagonista della storia è Chantal Ughi, che nel 1999 vinse il nostro festival come regista del corto “La mia mano destra”. Dopo quella vittoria, Chantal sparì e solo dopo una decina di anni ci accorgemmo che nel frattempo si era trasferita in Thailandia, aveva iniziato una carriera sportiva, ed era diventata le campionessa mondiale di Thai Boxing. Chantal sarà nostra ospite.
D. Come è il mercato del cinema indipendente a New York?
B.F.F. Vivo e vibrante, in tutti gli Stati Uniti e in modo particolare a New York che del cinema indipendente è diventata la capitale. Le rental houses, le editing facilities, e gli studios, sia indipendenti che main stream, sono sempre impegnati. Tutti lavorano in questo periodo, ed intendo negli ultimi 15 anni. Questo succede perché i canali di distribuzione sono tanti e aumentano sempre.
D. Il web ha ampliato l’offerta.
B.F.F. Sì, centinaia di canali televisivi competono con infiniti canali web e la domanda di contenuto cresce in continuazione. Fino a qualche anno fa il lungometraggio era l’unico prodotto che approdava al cinema. Adesso si va al cinema a vedere documentari. I corti erano il trampolino di lancio per I giovani registi, ora i corti si fanno e si vendono in rete e non solo.
D. Sei italiano. Come mai hai pensato di realizzare un festival a Brooklyn?
B.F.F. Prima ho incontrato Brooklyn. Sono arrivato negli States nel 1988 e l’idea di occuparmi di cinema era già presente, ma ho dovuto prima imparare la lingua. Poi sono andato all’Università per imparare a muovermi nell’industria cinematografica. Dopo aver girato un lungometraggio che ho completato nel 1998, insieme a tre amici ho fondato il Brooklyn Film Festival.
D. È vero che non esisteva un festival simile in quel periodo?
B.F.F. È incredibile ma vero, noi siamo il primo festival internazionale-competitivo nello stato di New York. Quando sono arrivato qui, nonostante il fatto che in una città come questa tutte le razze e culture del mondo coesistano, i canali per vedere film internazionali erano veramente pochi. Il cinema Angelika e il Lincoln Center erano infatti i più conosciuti ma non ce n’erano molti altri. Ecco perché abbiamo pensato di creare il Brooklyn Film Festival, e il motivo per cui il Festival è cresciuto a dismisura durante i primi anni. Adesso la situazione è senz’altro diversa, esistono un’infinità di festival internazionali, alcuni dei quali noi abbiamo aiutato a crescere. D. Qual è il tuo libro preferito?
B.F.F. “Il Conte di Montecristo” di Alexandre Dumas. Perché le rivincite sono eccitanti.
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