Tutta Italia è a rischio frane. Dopo il nubifragio che ha colpito il Messinese provocando numerose frane e crolli di abitazioni, si torna a riflettere sul livello di sicurezza dei comuni italiani. E torna alla luce
una recente indagine (del 2008) di Legambiente e Protezione civile, su tutto il territorio nazionale. Il risultato?
Ben 5.581comuni sono a rischio idrogeologico, ossia
il 70% del totale dei comuni italiani, di cui
1.700 a rischio frana,
1.285 a rischio di alluvione e
2.596 a rischio sia di frana che di alluvione.
Le cause? "
Il nostro territorio è reso ancora più fragile dall'abusivismo, dal disboscamento dei versanti e dall'urbanizzazione irrazionale", argomenta Legambiente e Protezione civile nello studio.
Maglia nera alla Calabria, seguita da Umbria e Valle d'Aosta, ossia le regioni italiane, con la più alta percentuale di comuni, classificati a rischio (
il 100% del totale).
Poi le Marche (99%)
e la Toscana (98%). Sebbene in molte regioni la percentuale di comuni interessati dal fenomeno possa apparire ridotta, la dimensione del rischio è comunque preoccupante: in
Sardegna e in
Puglia, nonostante la percentuale dei comuni a rischio, sia tra le più basse d'Italia, le frane e le alluvioni degli ultimi anni, hanno provocato vittime e notevoli danni, prosegue lo studio. Oltre a tanti piccoli comuni, anche
molte delle grandi metropoli e città italiane sono considerate a rischio idrogeologico. Una situazione che deriva soprattutto dalla
pesante urbanizzazione che ha subito l'Italia, in particolare
lungo i corsi d'acqua. "
Se al Sud la costante aggressione al territorio si manifesta principalmente con l'abusivismo edilizio, al Centro Nord si continuano a portare avanti interventi di difesa idraulica che seguono filosofie tanto vecchie quanto evidentemente inefficaci. In molti casi vengono realizzati argini senza un serio studio sull'impatto, che possono portare a valle, vengono cementificati gli alvei e alterate le dinamiche naturali dei fiumi, si assiste a pratiche di escavazione selvaggia", concludono Legambiente e Protezione civile. E i risultati si vedono.
La pioggia è ormai sinonimo di paura in molte zone della penisola, dove il rischio idrogeologico è a livello alto, oppure altissimo. E se c'è un filo comune a legare gran parte degli eventi atmosferici, che hanno colpito diverse zone dell'Italia, gli effetti molto spesso sono amplificati dall'opera o dall'inerzia dell'uomo.
A cadenza, spaventosamente, regolare la cronologia dei principali eventi catastrofici, dagli anni '80 a oggi, parla quasi da sola.
Il
29 maggio 2008, nel comune di Villar Pellice, in Piemonte, a causa delle forti piogge, nell'alveo del
Rio Cassarot, si genera una colata di detriti che travolge una casa e ne danneggia altre tre in una borgata. Il bilancio è di quattro morti.
Il
23 settembre 2003, un violentissimo nubifragio colpisce la provincia di Massa Carrara (2 morti).
Nel 2000, a metà ottobre, il bilancio del maltempo in Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria che interessò anche il
Po, è particolarmente pesante con 23 morti, 11 dispersi e circa 40 mila sfollati.
Nell'estate del 2000, un nubifragio si abbatte su Soverato. Dodici persone muoiono in un campeggio inondato dall'acqua.
Nella Valle del Sarno, in Campania, il 5 maggio 1998, una valanga di fango si stacca dalla montagna di
Pizzo di
Alvano e raggiunge alla velocità di 300 metri al minuti i comuni di
Sarno,
Siano,
Bracigliano e
Quindici, provocando la morte di 160 persone, di cui 137 solo a Sarno, distruggendo centinaia di case.
Nel novembre del
1994, le acque del Tanaro allagano Asti, Alba, Ceva e Alessandria: il Po esonda a
Palozzolo Vercellese, allaga
Trino,
Casale Monferrato e altri paesi fino a Valenza. I morti saranno 70 e oltre 2.200 i senzatetto.
Nell'estate del 1987, l'esondazione del fiume Adda e di alcuni torrenti, insieme alla frane provoca 53 vittime. Due anni prima,
nel luglio 1985, la catastrofe di Val di Stava (bilancio 268 vittime). Il disastro è causato dalla rottura degli argini nei bacini di decantazione della miniera di
Prestavel. Sull'abitato di Stava si scaricano 160 mila metri cubi di fango.
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