Orvieto, l'arte e la cultura dal Duomo al Museo dell'Opera

Daily / News - 03 May 2012 15:41

Per scoprire le raffinatezze dell'architettura gotica e la potenza espressiva della pittura rinascimentale.

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Film The Instigators - video

Visita in programma il 4 Maggio - ore 9:30
 

La Cattedrale di Santa Maria Assunta

La visita al Duomo di Orvieto consentirà ai partecipanti di ripercorrere i secoli più intensi della storia culturale, religiosa e artistica del nostro Paese, a partire dal 1290, anno dell'avvio del cantiere con la posa della prima pietra da parte di papa Niccolò IV, sino al 1970, quando con il montaggio delle porte bronzee realizzate dall'artista catanese Emilio Greco si concluse l'ultima delle fasi decorative che hanno reso straordinariamente unico questo monumento ammirato in tutto il mondo.

Lo stile gotico si esprime, nell'unica forma realmente compiuta che è possibile riscontrare in Italia, nella fabbrica realizzata dal senese Lorenzo Maitani, primo grande capomastro del Duomo.

L'artista, chiamato dalla vicina Siena per ovviare ai problemi di precarietà statica denunciati dalle pareti laterali dell'edificio sin nei primi anni di lavori, sostituì al progetto precedente -per molto tempo creduto di Arnolfo di Cambio- di impronta romanica, un disegno contraddistinto da linee architettoniche slanciate, esaltate all'esterno da contrafforti archiacuti e all'interno dai corsi paralleli bicromi in marmi bianchi e neri e dalle poderose colonne in cui il Maitani utilizzò l'espediente astuto dei capitelli gradualmente scalati che, abbinati al pavimento leggermente in salita, furono ideati per creare l'illusione ottica di uno spazio di maggiore lunghezza dell'effettivo. La spettacolare operazione di “alleggerimento” dell'enorme edificio culminò poi nella mirabile facciata tricuspidata, ovvero divisa in tre zone rimarcate dai pilastri e dai portali, sormontate in alto da altissime cuspidi triangolari separate da guglie e pinnacoli: per molto tempo, si è scritto giustamente che la facciata del Duomo di Orvieto fosse una meravigliosa trasposizione di un trittico dipinto e impreziosito da una fastosa cornice intagliata e dorata, in forma e dimensioni di edificio. Non a caso, la facciata è brulicante di bassorilievi, mosaici dalle cromie accese, sculture in bronzo, in marmo e in pietra rosa, pietre dure policrome e paste vitree assemblate alla moda cosmatesca, manifestando in maniera sensazionale e irripetibile un gusto raffinatissimo e all'avanguardia (siamo nel primo Trecento, Maitani muore nel 1330 a Orvieto senza aver visto completato il proprio capolavoro).

Si trattò di un caso davvero isolato nella storia architettonica del Medioevo italiano, un tentativo ante-litteram che precede le sperimentazioni rinascimentali della Firenze medicea, volte a un perfetto connubio tra architettura, pittura e scultura. Per rivedere qualcosa di simile, bisognerà attendere il Quattrocento con la facciata “ricamata” di Santa Maria Novella, opera di Leon Battista Alberti.

Ma le sorprese del Duomo non si esauriscono con la facciata. All'interno, attendono il visitatore l'enorme vetrata absidale di Giovanni da Bonino, il fonte battesimale in forma di tempietto e l'acquasantiera con la statua apicale del Battista, le traslucenti finestre di alabastro, il lucido pavimento di marmo rosso di Prodo, il grande gruppo scultoreo dell'orvietano Ippolito Scalza rappresentante la Pietà, il superbo organo con oltre 4000 canne, un'Imago Pietatis affrescata su una colonna da Piermatteo d'Amelia.

Quindi, i cicli pittorici trecenteschi, che illustrano le storie della Vergine nel coro e quella del Miracolo Eucaristico di Bolsena nella cappella del Corporale, il cui trasporto a Orvieto da Bolsena nel 1264 segnò il destino di questa città che ne è da allora custode e santuario. Poi, come non ricordare la tavola vivacemente colorata con la Madonna dei raccomandati di Lippo Memmi, la graziosa e vivida Vergine con il Bambino di Gentile da Fabriano, lo strepitoso reliquario di argento cesellato e sbalzato e smalti incastonati di Ugolino da Vieri, e ancora, come in un crescendo rossiniano, l'apoteosi rappresentata dagli affreschi di Luca Signorelli.

Gli affreschi della Cappella Nova

Tra le opere d'arte conservate all'interno del Duomo, il posto d'onore spetta senz'altro al grandioso ciclo del Giudizio Universale nella Cappella Nova o di San Brizio, caposaldo della pittura rinascimentale, con le famosissime immagini della Predica dell'Anticristo, del Finimondo, della Resurrezione della carne, dei Dannati , della Discesa all'Inferno e della Chiamata degli Eletti per terminare con la raffigurazione del Paradiso.

La decorazione, avviata nell'estate del 1447 da Beato Angelico e da suoi aiuti (tra cui Benozzo Gozzoli e forse Benedetto Bonfigli), fu portata avanti e compiuta da Signorelli che ne fece vertice sommo del nuovo stile, impareggiabile se non dai grandi maestri, come Michelangelo che ne trasse ispirazione e insegnamento per il Giudizio della Sistina.

Il 5 aprile 1499 Signorelli firmò il contratto per il completamento della decorazione delle volte. La scelta dell'Opera del Duomo sul cortonese venne dettata da ragioni di natura economica (il prezzo da lui proposto era più discreto di quello che Perugino aveva a lungo richiesto, senza che si riuscisse a trovare un accordo) e per la sua fama di pittore efficiente e rapido. Infatti appena un anno dopo, il 23 aprile 1500, il lavoro alle volte era terminato e veniva stipulato un nuovo contratto per le pareti.

Con l'apporto di alcuni teologi venne scelto il tema delle Storie dell'Apocalisse, ultimo libro del Nuovo Testamento, un "unicum" nei grandi cicli a fresco fino a quel tempo. Signorelli e la sua equipe attesero all'impresa in pochissimi anni, completando il tutto nel 1502, sebbene i pagamenti si protraessero successivamente fino al 1504. La scelta del tema si addiceva particolarmente bene al clima che si respirava all'epoca, alle soglie di un nuovo secolo, in una situazione politica di guerre e incertezze che alimentavano più che mai le teorie millenaristiche, ovvero quelle che predicavano un'imminente fine del mondo seguita dal Giudizio Universale.

In una delle scene più celebri, quella narrante i Fatti dell'Anticristo, Signorelli, con grande inventiva e spirito teatrale, mostrò il finto-Gesù che, sebbene somigliante e capace di compiere miracoli, arringa la folla col demonio che gli suggerisce le parole all'orecchio e muove le sue braccia come un pupazzo, mentre tutt'intorno a lui l'umanità degenerata si abbandona ad ogni sorta di crimine: massacri, esecuzioni sommarie, prostituzione, furti.

Molti vi hanno colto un riferimento agli avvenimenti contemporanei fiorentini, con Savonarola, il "falso profeta", che seduce la folla prima di venire smascherato e condannato al rogo: Orvieto dopotutto, da città papalista, non poteva che schierarsi con la decisione di Alessandro VI e lo stesso Signorelli, già protetto dai Medici, doveva considerarsi un esule politico dopo la cacciata di Piero de' Medici spronata dal frate ferrarese. Nella scena Signorelli si auto-ritrasse a lato, in piedi con lo sguardo fiero, "come un regista compiaciuto per la riuscita del suo spettacolo e si presenta alla platea per ricevere l'applauso" (cit. da Antonio Paolucci, "I Pittori del Rinascimento", 2004).

Anche le altre scene che compongono il ciclo, dense di riferimenti letterari, sembrano ideati per voler esibire al meglio la vitalità culturale del maestro cortonese, interprete attento della tradizione classica, ammesso a frequentare i più raffinati circoli neoplatonici della Firenze di Lorenzo il Magnifico.

Siamo certi pertanto che, con quel lungo sperticato applauso idealmente tributato all'autore dei dipinti ansioso di celebrare il suo genio, i visitatori che parteciperanno alla visita guidata in programma venerdì 4 maggio si congederanno da Orvieto, non senza avvertire un impalpabile ed indistinto, sebbene concreto, senso di smarrimento estatico.

D'altronde, non è forse arte tutto ciò che ci turba il cuore, come l'infinito?

La mostra

Al termine della visita guidata, i “followers” del Festival Umbria Beecoming potranno approfittare della loro permanenza a Orvieto per visitare la mostra attualmente in corso in città, parte di una grande rassegna monografica dedicata a Signorelli per la prima volta dal lontano 1953.

L'esposizione dal titolo Luca Signorelli "de ingegno et spirto pelegrino" (come lo definì il padre di Raffaello, Giovanni Santi), colma una lacuna di sessant'anni di silenzio e segna un’ulteriore tappa del percorso per valorizzare gli artisti più rappresentativi della stagione rinascimentale in Umbria, inaugurato nel 2004 con la mostra Perugino, il divin pittore, proseguito nel 2008 con la mostra dedicata a Pintoricchio e nel 2009/2010 con la mostra dedicata a Piermatteo d'Amelia e il Rinascimento nell'Umbria meridionale.

La mostra, in calendario dal 21 Aprile al 26 Agosto, si articola in tre sedi espositive: a Perugia nella Galleria Nazionale dell’Umbria, a Orvieto Museo dell’Opera del Duomo, a Città di Castello nella Pinacoteca Comunale.

Nel Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto (MODO) si conserva la tavola raffigurante Santa Maria Maddalena. Per l’occasione alcune opere oltre a questa sono state riunite in uno spazio dedicato all’artista cortonese dove è allestito anche un cantiere di restauro aperto al pubblico della cosiddetta Pala di Paciano, opera di Signorelli e collaboratori.

La mostra orvietana affronta infatti il rapporto dell’artista con la committenza e con la sua bottega. Dal Museo è possibile accedere, per la prima volta dopo il restauro, alla Libreria Albèri: un suggestivo ambiente decorato negli anni del cantiere signorelliano con soggetti profani ispirati al linguaggio artistico del maestro e dedicati alle discipline presenti nelle sezioni della biblioteca. L’ambiente fu edificato nel 1499, per accogliere la biblioteca del vescovo Antonio Albèri (1423 ca -1505), che donò per testamento all’Opera del Duomo la libreria e il suo contenuto (in seguito purtroppo disperso) e fu quindi utilizzato come cappella privata e sacrestia dei vescovi.

Durante la mostra la Libreria accoglie una selezione di volumi incunaboli appartenenti alla collezione di Albèri, i registri originali dell’Archivio di Stato e dell’Archivio dell’Opera del Duomo che documentano gli incarichi e l’attività orvietana di Signorelli.

Viene qui esposto anche il raro dipinto su terracotta che ritrae Luca Signorelli e Niccolò Franchi, camerlengo della Fabbrica, probabile opera autografa dello stesso Signorelli.

Infine, nella chiesa dei Santi Apostoli (di antica fondazione medievale, concessa nel 1625 alla Compagnia di Gesù e quindi ristrutturata secondo gli schemi delle chiese congregazionali romane di epoca barocca) è allestita una serie di dipinti di Fabrizio Clerici (1913-1993) e di Livio Orazio Valentini (1920-2008) che illustrano la ricerca portata avanti in contesto contemporaneo, nel segno profondo dell'inquietudine suscitata, da sempre, dagli affreschi orvietani di Signorelli.

 

Per ulteriori informazioni: umbriabeecoming.it

© Riproduzione riservata


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