Venezia 76 Martin Eden, da Luca Marinelli a Maurizio Braucci: interviste al cast
Cinema / Intervista - 05 September 2019 16:30
Tratto dal libro di Jack London, al cinema dal 4 settembre.
Luca
Marinelli sul suo personaggio: “Il lavoro sul personaggio comincia
con la lettura del libro di Jack London e con le stesure delle
sceneggiature. Ricordo una prima sceneggiatura di quasi 300 pagine,
c'era quasi tutto il libro perché non si voleva lasciare fuori
nulla. Questo libro parlava con me, forse questo è il segreto
interpretativo, diciamo così, per lasciare un mistero. Il libro e il
lavorare con Pietro è sempre stato un dialogo attivo tra anime. Il
lavoro più tecnico è stato quello di scendere a Napoli, un mese
prima, e cominciare le prove insieme al resto del cast. Abbiamo fatto
prove teatrali. C'è stato anche un lavoro sul corpo, quindi fisico,
visto che il personaggio è descritto come forte e prestante. E
naturalmente è intervenuto un lavoro sul dialetto, il napoletano che
è una lingua a tutti gli effetti. Infine, fare il film, che è
un'altra cosa ancora.
Non
so ancora descrivere il personaggio di Martin Eden. Secondo me è un
avventuriero che affronta la vita come avventuriero lo era Jack
London, uno scrittore che voleva toccare con mano, muoversi,
arricchirsi viaggiando con lo sguardo aperto sulla realtà che lo
circondava. Martin Eden è un ragazzo che viene colpito dalla
fascinazione della cultura attraverso cui riscattarsi. A un certo
punto, vedendo questa montagna sempre da sotto, si arrampica arriva
in cima e trova un qualcosa che non si immaginava, qualcosa che non
lo soddisfa più. Durante questo cammino affronta molte delusioni, fino a perdersi”.
Sul successo: “Bisogna sempre mantenere un certo equilibrio, i piedi per terra. Bisogna sempre guardarsi e guardare le persone che si hanno intorno. Bisogna sempre restare se stessi, saldi intorno alle proprie idee, emozioni e sensazioni. Questa è la mia strada”.
Jessica Cressy sul personaggio: “Elena è imprigionata nella sua classe con le certezza di cosa sia la letteratura, la vita, l'educazione. Secondo me oggi il problema di questa rigidità si sposta sull'estremismo religioso. Con Pietro Marcello abbiamo lavorato su questo personaggio attraverso i suoi riferimenti sul cinema dell'est Europa e di quello francese a cui sono legata anch'io. Grazie a lui ho scoperto tanti film che non conoscevo. Anche sulla musica ha rappresentato un aspetto essenziale del film”.
Carlo Cecchi: “Il mio personaggio rappresenta una sorta di stranissimo mentore che cerca di intervenire laddove vede, soprattutto alla fine, il destino di Martin Eden in questo individualismo eccessivo che può condurlo a una vita tragica. Intuendolo, lo spinge a trovare un interlocutore per cui scrivere, lo spinge verso il socialismo. Inizialmente Russ Brissenden è un personaggio cinico, semi anarchico e disperato. Ho scelto di interpretarlo perché per me rappresentava una novità, protagonista di un film tratto da un romanzo calato nella cultura del Novecento. Essendo un attore di teatro, il mio archetipo è l'Amleto. Nelle mie rare incursioni cinematografiche questo archetipo si è sempre palesato, ossia faccio per la terza volta, dopo Morte di un matematico napoletano e Miele, un intellettuale disperato che alla fine si uccide. Ecco!”.
Il
regista e sceneggiatore Pietro Marcello sul film tratto dal romanzo
di Jack London: ”Ho trovato una storia universale di un ragazzo che
diventa uomo, di un ragazzo che si emancipa e si riscatta attraverso
la cultura. In un certo senso è la storia di Jack London ed è
quella di tanti di noi. Ho letto il romanzo vent'anni fa, donatomi da
Maurizio Braucci che mi disse di leggerlo perché mi sarebbe
piaciuto. Dopo 20 anni, abbiamo deciso di fare questo film, una
liberissima trasposizione poiché non abbiamo questa cultura della
marineria anglosassone a Napoli”.
Sui
repertori di Martin Eden: “All'interno del film ci sono molti
materiale di archivio, archivi miei che ho realizzato in questi anni
e materiali di repertorio. È una decisione presa con i miei
montatori: raccontare la grande storia, il Novecento, attraverso i
repertori e il montaggio contrappuntistico. Mi piace lavorare con i
repertori, l'ho sempre fatto e spero di poterlo fare anche in futuro.
Il film inizia con il repertorio di Enrico Malatesta, figura di
riferimento per il volontarismo etico e l'anarco socialista per
eccellenza, per noi è stato importante averlo all'inizio del film”.
Sulla
presenza del film a Venezia 76: “Riuscire a chiudere il film in
tempo per Venezia è stato una grande soddisfazione. Il film poi
diventa un oggetto collettivo, ora non è più nelle mie mani, non è
più alla moviola e divento spettatore anche io del mio film.
Sicuramente questa è la fossa dei leoni. Esserci significa che il
film è stato accolto dalla Mostra, è un momento di epifania per noi
e ci siamo per partecipare. Poi il concorso è una roulette, immagino
che ci saranno film straordinari. Per me è importante aver finito il
film, un po' come avere fatto bene i compiti. Siamo qui”.
Lo
sceneggiatore Maurizio Braucci sull'importanza del libro: “Ci siamo
appoggiati sulle grosse spalle di Jack London che ha sperimentato
qualcosa che oggi è nota ma allora non lo era, il grande autore di
massa. London è stato il primo scrittore di massa, un grande
attivista socialista che aveva delle riflessioni ancora importanti: è
l'industria culturale che usa lo scrittore. London lo aveva capito
traendone un'esperienza di sofferenza e alienazione. Ha vissuto il
grande conflitto tra fare la cultura e cercare di migliorare il
mondo, quindi la politica. Molti di noi vivono questo dissidio, penso
che tante persone che sono anche qui presente al festival si chiedano
come poter ricavare qualcosa di utile per tutti quelli che ne sono
esclusi dalle grandi bellezze dell'arte. Il libro affronta anche il
grande tema del valore delle persone, dell'emancipazione attraverso
gli strumenti critici verso il mondo in modo da permettersi
un'esistenza vissuta pienamente.
London
scrive il romanzo per raccontare i rischi dell'individualismo. In
sintesi, il liberale è un anarchico senza avere solidarietà verso
il prossimo. L'anarchico è un libertario che ha solidarietà verso
il prossimo. Con preveggenza, Jack London vede il rischio
dell'esaltazione dell'individuo: conduce al neoliberismo sfrenato in
cui l'individuo è una sorta di maiale che mangia tutto. Nello stesso
tempo, annullare una persona porta a quello che è stato lo
stanlinismo. London lo aveva capito con grande anticipo.”
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