Beautiful Things, le persone dietro gli oggetti: intervista al regista Giorgio Ferrero

Cinema / Drama / Intervista - 15 December 2017 08:00

Giorgio Ferrero è il regista di “Beautiful Things”, film realizzato grazie alla Biennale College. Mauxa l'ha intervistato

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Beautiful Things è il film documentario di Giorgio Ferrero che racconta la vita di Van, manutentore di pozzi petroliferi che lavora nel deserto all’interno di un grande giacimento in Texas. Si passa poi a pedinare Danilo, capo macchina su una nave cargo; Andrea, scienziato che lavora nelle camere anecoiche; Vito che è il responsabile di una enorme fossa di rifiuti in cemento armato.

Se i protagonisti lavorano reclusi, il prodotto del loro sforzo sono gli oggetti di cui ci serviamo quotidianamente. Nel film si uniscono a loro un Lui e Lei generici, quarantenni emancipati attraverso Internet.

Mauxa ha intervistato il regista Giorgio Ferrero.

D. Come è nata l’idea di Beautiful Things, con una tematica così particolare?
Giorgio Ferrero. Tutto è un nato quattro anni fa nel tentativo di visionare le vite di coloro che non sono visti. “Film di confine” è il progetto che si inserisce il docuemntario, con un corto in cui mostravamo gli oggetti che per essere messi sul mercato devono essere inseriti in una camera di misura. Da lì abbiamo scoperto che dietro questo mondo ci fosse molto da raccontare, non in maniera didascalica. Vite di solitudine di coloro che esistono dietro questo mondo di consumo. Quattro modi diversi che scandiscono il ciclo vitale degli oggetti. I pozzi di petrolio, le navi cargo, la validazione ovvero la messa in commercio (certificazione che quell'oggetto è adatto). In tal caso si tratta di camere anecoiche, in cui gli oggetti vengono battezzati: lì dentro non c’è riflesso del suono, senza riverbero.
L'ultimo atto è la morte, quello in cui gli oggetti sono gettai nel cestino. È un termovalorizzatore, in Svizzera.

D. Quindi vi siete sposati molto per realizzare il film. Quali sono state le difficoltà produttive?
Giorgio Ferrero. Il film è girato in Texas sulle navi cargo, in Italia nelle camere di misura, e poi in Svizzera. Il tutto abbiamo impiegato sette mesi. Al novanta per cento abbiamo curato tutto, facilitandoci dal punto di vista produttivo. È stato anche difficile effettua le riprese.

D. Il film è stato realizzato grazie alla Biennale College. Qual è stata l’apporto?
Giorgio Ferrero. La Biennale College ha preso sotto le ali il film, il team ci hanno accompagnato per mano durante la scrittura. Sono stati i principali motori di motivazione.

D. Netflix si basa su un algoritmo per comprendere i gusti del pubblico e poi produrre i film o serie tv in base a vari target. Cosa pensi di questo processo?
Giorgio Ferrero. Sono un utente di Netflix, penso che la quantità è la varietà sia migliorativa per la possibilità di scelta degli utenti. Mi piacerebbe che aiutassero il cinema delle sale a non morire. Rimango convinto che l'esperienza in sala sia diverso da quello in streaming. Con un film come il nostro si entra in sala.

D. Quali sono i prossimi progetti?
Giorgio Ferrero. Speriamo che il film diventi un concerto, un’istallazione di arte contemporanea. Speriamo che diventi un libro, perché non abbiamo potuto inserire ciò che umanamente abbiamo scoperto. Cercheremo di continuare.

© Riproduzione riservata



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