The Dressmaker: recensione del film favola sull'eterna rivalità tra apparenza e realtà

Cinema / Recensione - 27 April 2016 08:00

Kate Winslet e Judy Davis immense ed immerse in una Dungatar, un luogo creato dalla penna di Rosalie Ham e tradotto per il grande schermo da Jocelyn Moorhouse, dove si assiste allo scontro tra verit&a

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The Dressmaker presenta sfumature proprie del thriller inserite a pieno nell’ambito della commedia, per un lungometraggio che si avvicina ad una irriverente ed esilarante dark comedy, diretta dalla regista Jocelyn Moorhouse.

La trama di The Dressmaker ha inizio con il ritorno dell’ormai cresciuta Myrtle “Tilly” Dunnage (Kate Winslet) nel suo paese di origine, la temuta Dungatar. Un fitto alone di mistero avvolge la forestiera Tilly, additata da tutti gli abitanti di Dungatar come un’assassina, fatta eccezione per l’anziana e malata madre Molly (Judy Davis), che non riesce a ricordare l’accaduto, e l’affascinante Teddy (Liam Hemsworth), un giovane che sin da subito è catturato dalla bellezza e dalla personalità di Tilly. Ma la protagonista è tornata nel luogo di origine di tutte le sue disgrazie: infatti la talentuosa e apprezzata stilista francese è afflitta da una “maledizione” che colpisce le persone a lei care e la causa del castigo è da ritrovarsi in quel passato buio che non riesce a ricordare, da cui è scappata per troppo tempo e con cui è chiamata ora a confrontarsi.

Jocelyn Moorhouse dirige The Dressmaker una dark comedy, primo romanzo pubblicato da Rosalie Ham che, nonostante un apparente sentimentalismo, non vira mai verso i toni del pietismo e della commiserazione del personaggio, non si piange mai addosso, ma mostra la narrazione su cui poggia in modo concreto e reale, con un brio di ironia che dà vita ad un film atipico, originale e brillante. Dungatar, la cittadina nella quale si svolgono i fatti di cui è protagonista Tilly, una sapiente e poliedrica Kate Winslet capace di giostrarsi tra puro cinismo, ricordi coinvolgenti e distacco razionale, rappresenta un piccolo cantuccio nel mondo per una favola sui generis in cui gli eroi sono aiutanti di se stessi.

Kate Winslet, che si cala negli abiti di una protagonista tanto orgogliosa quanto fragile ed in cerca di risposte, prima ancora che con Liam Hemsworth, il quale incarna la pecora nera del gregge di Dungatar, l’unico che si distanzia dal coro e si avvicina amorevolmente a casa Dunnage, forma una formidabile coppia con la straordinaria Judy Davis, chiamata ad interpretare una madre che, nonostante il dolore per l’allontanamento della figlia, ritrova la forza per ribellarsi alle ingiustizie perpetrate dalla massa. Le due attrici danno prova di estrema comprensione l’una dell’altra, tanto da formare un duo indissolubile, il quale fa impallidire la relazione sentimentale che si viene ad instaurare tra i due innamorati.

The Dressmaker è un film in grado di far emergere l’eterna rivalità tra apparenza e realtà dei fatti, mettendo a contrasto innumerevoli situazioni in cui si schierano su due poli opposti la verità e l’illusione del vero, come ad esempio il mistero che aleggia intorno alla figura di Tilly, che vede contrapporsi la sua presunta colpevolezza ad un flashback chiarificatore e sentenziatore dei fatti. “Meno come sono e più come vogliono apparire”, il tema dell’apparenza tout court, che nasconde la volontà di apparire in un modo diverso da come si è in realtà, non poteva essere espresso meglio se non attraverso abiti, insieme di tessuti e stoffe che coprono, nascondono il vero essere dell’indossatore, permettendo agli altri di percepirne solo l’aspetto esteriore. L’abito, e dunque colei che lo fabbrica, ossia The Dressmaker, trasforma le persone in qualcosa di altro da se stesse, rendendole schiave della società e così esse, essendo in balia del giudizio altrui, finiscono con l’essere vittime dell’abito che scelgono di indossare, della maschera con la quale scelgono di coprire il volto, per un continuo mutare il proprio aspetto che non potrà fare altro se non ritorcersi contro di loro.

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