Recensione del film Loveless
Cinema / Recensione - 06 December 2017 08:00
“Loveless” è il film di Andrey Zvyagintsev ambientato a Mosca.\r\n\r\n
Loveless è il film di Andrey Zvyagintsev, scelto dalla Russia per le selezioni agli Oscar 2018.
\r\nIl film è puntellato dai tasti del pianoforte di Evgueni Galperine, che rendono ancora più ansioso il peregrinare di questa famiglia alla ricerca del figlio. Con la neve che cala sul lago e fa divenire silenziosi gli alberi, in lunghe inquadrature capaci di trasmettere una solitudine maggiore.
\r\nLa scomparsa è quella di Alexey (Matvey Novikov), dodicenne che non si trova a suo agio con i genitori, Zhenya (Maryana Spivak) e Boris (Aleksey Rozin) che litigano nel mezzo dell’ottenimento del divorzio. Lei è salutista e rimprovera spesso il figlio, mettendolo in imbarazzo; lui è riservato e posato, ed entrambi hanno nuove relazioni.
\r\nUn giorno Alexey tra questo mutismo familiare scompare. La madre chiama la polizia che reputa il caso una banale fuga da casa, ipotizzando che in un giorno tornerà. “Sono tornata stanotte e pensavo che fosse nel suo letto”, dice Zhenya al marito accorgendosi che il figlio è scomparso. Quindi la sera prima non ha neanche visto se il figlio fosse a casa, e il padre non si è preoccupato di cercalo. Un atteggiamento che pur se non colpevole dal punto di vista giuridico, lo è da quello morale. E infatti il piccolo Alexey non si riesce a trovare, fuggito da un ambiente che non ritiene più suo. “I genitori ammazzano il figlio e poi denunciano la scomparsa”, dice il poliziotto, quasi simboleggiando l’atteggiamento della coppia.
\r\nDopo alcuni giorni si avvia una ricerca più approfondita. Zhenya e Boris vanno dai genitori di lei ma il bambino non è neanche lì. Il viaggio è anche il modo per aumentare la tensione tra i due, tanto che Boris viene rimproverato da Zhenya. “Ma la casa non te la lascio”, urla la madre di Zhenya, accusandola di volerle “appioppare" il figlio in previsione del divorzio.
\r\nA questo aspetto sottilmente thriller il regista Andrey Zvyagintsev ("Leviathan”, 2014) unisce le vicende dei due protagonisti, Zhenya e Boris che con i rispettivi partner cercano di cominciare un futuro, dimentichi del passato che hanno. Quasi che vivano in un mondo che non contempla l’attualità da cui provengono, e che coincide proprio con Alexey.
\r\nIl film diventa anche la sconfitta di una generazione che riteneva validi i proprio costrutti, ma che poi si disinteressa di quanto ottenuto. Entrambi i genitori hanno dei lavori che li gratificano, e il figlio è come la necessità che gli è stata esaudita. Alexey è come un nuovo Antoine Doinel, protagonista de “Il 400 colpi” di Francois Truffaut, anch’esso dimenticato dai genitori, solo in una società diversa dalla nostra, quella del 1959
\r\nLa freddezza di atteggiamenti dei genitori si scioglie nel senso di colpa che li attanaglia, soprattutto quando devono riconoscere il cadavere di un ragazzo. Non è di Alexey, ma ciò non migliora il loro senso di negligenza. E così riemergono i rimproveri della madre di Zhenya, con un cinismo atavico paragonabile a quello dei lucrosi personaggi di Fedor Dostojevski che si riverbera sui figli, i quali cresceranno come i genitori.
\r\nL’unico che ha pensato di interrompere questa catena è il piccolo Alexey, mai più visto dall’inizio del film, presente solo con una giacca lasciata nel luogo sperduto dove giocava con un amico. A siglare la solitudine di una pace ritrovata.
© Riproduzione riservata