Kingdom Come Deliverance, recensione videogame per PS4 e Xbox One

Games / Recensione - 20 February 2018 14:00

Kingdom Come Deliverance è un gioco di ruolo medievale, realistico e profondo, che poggia le basi sul contesto storico della Boemia del XV secolo

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Kingdom Come Deliverance è un videogioco atipico, che sfrutta i canoni del gioco di ruolo open-world proponendo tuttavia una filosofia unica, estremamente realistica, che avvicina il giocatore alla vita di un cittadino medievale, nello specifico alle vicende storiche legate alla Boemia dei primi del Quattrocento. La software house Warhorse Studios, capitanata da Daniel Vávra, autore dei primi due Mafia, è stata capace di realizzare un progetto ambizioso, enorme per mole di contenuti e respiro storico, con un’attenta e accurata rappresentazione di ogni aspetto della vita del Medioevo, un’enciclopedia virtuale profonda e variegata.

Kingdom Come Deliverance

La trama di Kingdom Come Deliverance poggia le fondamenta su fatti realmente accaduti, durante gli anni di Venceslao IV, figlio ed erede al trono di re Carlo IV, amato sovrano di Boemia che aveva portato il regno ad un lungo periodo di stabilità. Il primogenito, tuttavia, si rivela incapace e inadatto a governare la regione, pensando ad altri piaceri terreni, lontano dai desideri dei nobili e del popolo stesso. Lo Scisma d’Occidente parte proprio da qui, dal rapimento di Venceslao IV da parte del fratellastro Sigismondo d’Ungheria, spinto dalla nobiltà: le vicende vissute all’interno di Kingdom Come Deliverance abbracciano un momento fondamentale della storia centro-europea, mostrando le atrocità e sofferenze vissute da umili e semplici persone, vittime sacrificabili delle dispute familiari di pochi eletti. Una realtà quasi abituale, anche recente, ma che testimonia in maniera diretta quali fossero le condizioni di vita nel Medioevo, grazie ad una precisa ricerca storica su ambientazioni, costumi, abitudini e usanze dei primi anni del ‘400. La storia parte dal piccolo villaggio rurale di Skelica dove, con la nostra famiglia, prendiamo confidenza con il mondo di gioco e i comandi, esplorando e facendo la conoscenza dei pochi abitanti del posto. Nostro padre, fabbro del signore locale Ser Radzig, ci chiede aiuto per forgiare una spada, richiesta che attiverà una serie di piccole mansioni da svolgere durante le prime fasi di gameplay, un lungo e rilassato prologo che mostra sin da subito la filosofia alla base di Kingdom Come Deliverance, un prodotto estremamente raro all’interno del medium videoludico, una sorta di enorme simulatore medievale.

I ritmi di gioco, infatti, sono molto lenti e compassati, una soluzione che mira a rendere credibile e realistica l’intera esperienza da GDR open world in prima persona, seguendo gli stilemi tipici dell’epoca medievale, fatta di grandi zone incontaminate e piccoli villaggi, insediamenti, fortificazioni e castelli. Il gameplay ricalca quindi la progressione in livelli, con l’esperienza accumulata che può essere utilizzata per potenziare le caratteristiche del nostro personaggio, Harry: ogni nostra azione porterà un aumento del valore relativo, una sorta di allenamento che permette di migliorare agilità, forza, vigore e capacità di dialogo. La progressione accompagna il giocatore nell’esplorazione e conoscenza del mondo, di pari passo a quella di Harry, ragazzo di campagna che non ha conosciuto null’altro nella sua vita se non le poche case e persone del suo paese. Il discernimento è quindi duplice, con le nostre abilità che seguono quelle del protagonista, umile, semplice, che non sa combattere né leggere. Dovremmo così imparare a padroneggiare l’arte della spada, qui replicata in maniera assolutamente realistica, con le tecniche di combattimento dell’epoca, in duelli molto tattici e ragionati, con pochi colpi che bastano a mandare a terra l’avversario o morire. Il sistema di attacco e parata segue cinque diverse direzioni, divise in due tipologie di offesa, insieme ad una schivata, tutto legato al valore di vigore, che viene consumato ad ogni nostra mossa. Viene da sé che la complessità del combat system è molto alta e ricercata, definendo Kingdom Come Deliverance come un titolo profondo e tutt’altro che immediato, in ogni sua declinazione.


Kingdom Come Deliverance presenta un’accuratezza storica davvero unica, capace di replicare in maniera credibile e precisa qualsiasi elemento della Boemia medievale. Il contesto storico viene riprodotto fedelmente in ogni aspetto, dalle armi e armature, dal vestiario alle consuetudini di vita, con città, accampamenti, mestieri e stili di vita ben differenziati. Le architetture dei centri abitati sono semplici e in linea con il periodo storico, con case di pietra, legno e paglia, con interni freddi e fatti di un arredo estremamente povero. Girovagare per le strade, tra commercianti, taverne, persone intente a discutere di politica e problemi quotidiani, con mendicanti a chiedere l’elemosina, tratteggiano un quadro realistico e vivo, che immedesima il giocatore in una realtà non solo digitale, ma tangibile, vera, stratificata. La stessa consuetudine dei giochi di ruolo, di aprire bauli e trovare qualsiasi tipo di oggetto anche nelle case più umili, viene qui giustamente ribaltata e resa credibile, legata alle possibilità economiche dei cittadini e al loro mestiere. La differenza di architetture tra le case e i castelli, fatti di stanze sfarzose, finemente decorate, con tavole imbandite e servitori, marca una differenza netta in termini estetici, con interni illuminati e ricchi di elementi; gli stessi bauli rispecchiano la diversa estrazione sociale delle persone, con vestiti ed oggetti diametralmente opposti. 

L’enorme mappa di gioco, piena di elementi e dettagli dell’epoca, non fa altro che immedesimare l’utente nell’atmosfera medievale del titolo, con strade fangose, camini che sbuffano fumo al calare del sole, personaggi non giocanti che hanno sempre qualcosa da dire e missioni secondarie che si attivano dopo determinate azioni. L’esplorazione, a piedi o a cavallo, ricopre un ruolo importante in Kingdom Come Deliverance, con la scoperta di piccole fattorie o villaggi, con la possibilità di avviare alcune inaspettate quest, anche nei luoghi più remoti e nascosti. La bellezza visiva la si trova proprio nelle sezioni in mezzo alla natura, fatta di sconfinate praterie, verdi vallate in fiore e lussureggianti foreste attraversate da corsi d’acqua, mentre le fasi cittadine soffrono di un fastidioso e ancor più evidente caricamento ritardato delle texture, che rovina un po’ l’esperienza e la cosmesi generale del titolo. Non è infatti raro che le superfici di staccionate, case, tetti e castelli compaiano con qualche secondo di ritardo, in special modo durante lo spostamento a cavallo o correndo. Gli stessi dialoghi con gli altri personaggi presentano sporadicamente tale problema, insieme ad animazioni spesso legnose e poco curate, salvo durante i filmati e con i personaggi principali della trama. 

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