Jason Bourne: recensione del film sulla scelta di libertà in un mondo in cui non esiste privacy

Cinema / Recensione - 31 August 2016 08:00

Matt Damon torna a vestire le sembianze dell'agente che lotta per la sopravvivenza e al contempo per la scoperta di molteplici verità, scortato da vecchi e nuovi nemici/amici, tra cui Tommy Lee

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Jason Bourne ritorna per un quinto film che non poteva non vederlo protagonista in azione, sempre diretto da Paul Greengrass, con vecchi e nuovi compagni d’avventura sul set.

La trama del quinto capitolo che significativamente prende il titolo di Jason Bourne, ossia dell’uomo, la cui identità ormai non è più un mistero a se stesso, si apre con una nuova scoperta: dei dati top secret arrivano nelle mani del famigerato Bourne, pronto ad iniziare una nuova battaglia a colpi di fughe ed assalti contro i nemici di sempre. Desiderando scavare nuovamente nel suo passato, questa volta non per far luce sulla sua identità, ma per scovare preziose informazioni sulla morte del padre, Jason Bourne ritorna allo scoperto e, tra nuovi alleati e minacce del passato, di chi potrà fidarsi e di chi sarà chiamato a smascherare il doppio gioco?

Torna sul grande schermo, ancora una volta per la regia di Paul Greengrass, il franchise incentrato sulla spia dei servizi segreti americani interpretata da Matt Damon. Sin dalle prime inquadrature, tese a marcare il territorio d’azione di questo quinto capitolo della saga, si può notare il pathos costante che non sembra arrestarsi per tutta la durata del lungometraggio. L’eroe immortale, che combatte per ottenere di volta in volta piccoli brandelli di verità, si attornia di altre personalità illustri del grande schermo: e allora non poteva non ritornare Julia Stiles, interpretante  Nicky Parsons, ma vi sono anche new entries di tutto rispetto, come Tommy Lee Jones, l'antagonista dichiarato Robert Dewey, e la vincitrice dell’Oscar per miglior attrice non protagonista per The Danish Girl, Alicia Vikander nei panni di Heather Lee, senza contare la presenza di Vincent Cassel, un american sniper contro l’eroe protagonista per Jason Bourne.

Si prende a pretesto l’insurrezione di Atene per inserirvi la caccia all’uomo, il solito uomo, che non ha smesso di cercare risposte e di far venire a galla segreti ancora assopiti nei meandri di oscure operazioni di governo. Esponendo uno dei temi chiave, che fa da eco ad uno dei problemi più gravi riscontrati nella società odierna riguardanti la privacy del singolo cittadino, Jason Bourne si concentra proprio sulla pressante violazione della privacy in un mondo costantemente hackerato, non a caso si parla di possibilità di “sorvegliare un internet libero”, che non lascia spazio alla libertà individuale, concedendo solo l’illusione della libertà.

Matt Damon, dunque, torna nel suo canonico ruolo di paladino d’azione per Paul Greengrass non in un quinto film ripetitivo e distaccato, ma in un sequel che vuole sottolineare la possibilità di scegliere di essere liberi, nonostante i contesti nei quali siamo chiamati a vivere ce lo impediscano con tutte le loro tecnologiche forze. E con un ritmo incalzante, anche se nelle battute finali tendente verso il parossistico in una “corsa automobilistica” fino ai limiti dell’inverosimile, Jason Bourne ha posto le basi per un ulteriore sequel senza scadere nella monotonia dell’ennesimo capitolo.

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