Planetarium, incontro con Louis Garrel e la regista del film Rebecca Zlotowski

Cinema / News - 07 April 2017 18:30

"Planetarium" è il film con Natalie Portman, Lily-Rose Depp: abbiamo incontrato la regista Rebecca Zlotowski.

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Abbiamo incontrato a Roma Rebecca Zlotowski e Louis Garrel, recitava store del film “Planetarium” che uscirà il 6 aprile 2017. Nel cast ci sono Natalie Portman, Lily-Rose Depp e Emmanuel Salinger.

La storia è ambientata alla fine degli anni ’30 a Parigi, quando le sorelle Laura e Kate Barlow cominciano a praticare sedute spiritiche. Incontrano André Korben, produttore cinematografico visionario e controverso che stipula con loro un contratto per compiere un ambizioso esperimento: dirigere il primo vero film di fantasmi. Ma Laura comprende lentamente le vere ragioni di Korben.

D. Come hai scelto una trama così particolare?

Rebecca Zlotowski. La questione della trama è nata dalla scoperta di questa storia reale, avvenuta a Parigi. È stato una sorta di sentiero segreto, cercando di mettere gli attori in uno stato di trance, ipnosi. I film precedenti erano di budget inferiori, e stavolta c’era l'occasione di ampliare questo tipo di racconto empatico. Il fatto che la vicenda sia reale, la presenza di un produttore che nel film cerca di farle recitare, e a cui le due protagoniste cedono porta verso la logica del sogno.

D. Si parla anche di antisemitismo ad un certo punto: il produttore è ebreo e vittima di una campagna calunniatrice. Come mai?

R. Z. Mi rincresce dovere ritornare su questi argomenti. Giuro che la prossima volta farò una commedia (ride). Quando sceneggiammo il film c’era un’ondata di antisemitismo, razzismo, come per l’episodio di Dieudonné. E anche negli anni ’30, in cui è ambientato il film era presente questo clima. L'antisemitismo è un cattivo storytelling, anche se reale.

D. Come è avvenuta la scelta di Natalie Portman? 

R. Z. La Portman è intelligente. Ha sempre saputo interessarsi a tematiche diverse: abitando lei in Francia, riuscii a farle leggere il copione e se ne appassionò prima che fosse terminato. Mi fece poi conoscere lei Lilly Depp, mandandomi una fotografia. Lei aveva scelto l’attrice che avrebbe interpretato la sorella. Questa coppia era nata da sola. 

D. Louis, come è stato lavorare con Rebecca?

Louis Garrel. Con Rebecca siamo amici, ci conosciamo da molto tempo. Forse pensa che abbia una realtà nascosta, per questo mi ha dato il ruolo di un ubriaco. Il mio personaggio, Lui beve e ha un cagnolino, quindi è connotato.

R. Z. Per me Garrel è uno dei più grandi attori comici francesi, è ciò non è stato ancora compreso. 

L. G. Rebecca mi aveva parlato del film prima di scriverlo. Leggendo poi il copione mi colpì un'inquietudine che vi aleggiava, un sogno inquieto che riesce a far dimenticare a noi ciò che accadrà. Racconta di una ragazza che entra nel mondo del cinema senza averlo mai desiderato, un produttore: tutto ciò su uno sfondo disperato. E poi amiamo molto i film che raccontano la creazione del film. 

D. Anche la modalità di racconto è anche inusuale.

R. Z. Tutti oggi hanno accesso al manuale dello sceneggiatore, grazie alle serie TV. Invece nel film penso che occorra stupire, senza intuire come andrà a finire. Solo il personaggio interpretato da Natalie Portman vive nel presente, gli altri nel passato. Volevo far interagire i personaggi con situazioni diverse cosicché ognuno potesse effettuare la propria scelta.

L. G. Il cinema va attualmente molto verso il realismo. Così quando vedo un film che va verso l'espressionismo, allora lo apprezzo. Come in Italia i film di Paolo Sorrentino.

R. Z. Vorrei aggiungere che ad esempio Sidney Lumet, regista che ho amato molto diceva che per fare un buon film occorre prendere un soggetto, mescolane uno diverso è da lì esce un'opera originale. 

D. Ad un certo punto c’è una scena in lingua yiddish. Come mai? 

R. Z. L'idea di inserire una scena in lingua yiddish era importante. L'attore che recita il padre poi è realmente mio padre. Io non sono una persona che lavora nell’improvvisazione, ma quella mattina in cui avremmo dovuto girare la scena non sapevo ancora cosa dire alla troupe. Così mi telefonò il mio sceneggiatore Robin Campillo e mi disse una frase di Flaubert da “Salammbo”, sulla promiscuità degli uomini in guerra, ma anche l’avvicinarsi della guerra che crea dei legami fortissimi. Poi essendo qui vicino a Via Veneto, non posso non citare Marcello Mastroianni che in “Otto e mezzo” di Federico Fellini dice in un sogno al padre - che sta entrando nella tomba - "papà resta". È quindi è stato un modo per cristallizzare mio padre, prima che lui scomparisse.

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