L’alfabeto del cinema. F come Il fascino discreto della borghesia di Luis Bunuel
Per l\'alfabeto del cinema, oggi proponiamo il capolavoro Il fascino discreto della borghesia, premio Oscar come miglior film straniero diretto da Luis Buñuel,

Le charme discret de la bourgeoisie è un film di Luis Bunuel presentato a Parigi il 15 settembre 1972, con Fernando Rey, Delphine Seyring, Bulle Ogier, Michel Piccoli, Stephane Audran e Jean-Pierre Cassel, tanti personaggi, perché al regista non interessa raccontare una storia unica, ma tante piccole storie.
Cenare insieme è la cosa più difficile del mondo per i borghesi, protagonisti di questa commedia fantasiosa con un gradevole spirito umoristico. Bunuel interessato a mostrare la frustrazione umana, per un motivo o per un altro decide che i borghesi non riusciranno mai a mangiare. Fin dall’inizio è abbastanza chiaro che il lapsus di Henri Senechal, d’invitare gli amici la stessa sera di una sua uscita per affari, esprime il senso della trasgressione al codice delle convenienze, dei riti affettati della solitudine. La solitudine è la ‘droga’ più micidiale che si conosca. Nella scena in trattoria è ancora un equivoco a determinare il tempo, così i personaggi arrivano nel ristorante, ordinano la cena, notano qualcosa di strano mentre aspettano e poi scoprono che nell’altra stanza c’è una veglia funebre. Il proprietario del ristorante è morto. Questa scena, ammette lo stesso regista, di averla scritta prendendo spunto da un sogno che ha fatto.
Nel cinema di Bunuel i sogni sono la continuazione della realtà, della vita vigile; nella vita non possiamo entrare nel sogno per modificarlo, una limitazione fastidiosa che il cinema abolisce.
Nel Fascino discreto della borghesia il regista con il freddo distacco che gli è congeniale spara contro la borghesia affabile e cortese, elegante e non priva di simpatia. Il titolo del film è stato suggerito a Bunuel in un ristorante di Toledo dall’amico e collaboratore Jean-Claude Carriere, dopo avere appreso la notizia della morte del generale De Gaulle.
Il fascino è lo spazio di uomini e donne che amano la loro prigione dorata: il codice comportamentale e lo stile di vita che li tiene al riparo da un’angoscia inconfessata, il rifiuto dell’umanità collettiva degli esseri. E così un gruppo di borghesi invitano l’autista a bere un Martini con loro per dimostrare che la gente di campagna non riesce a raffinare il proprio gusto. Infatti, l’autista con gioia accetta l’invito, beve in un sorso il Martini, ringrazia e va via. Il commento: “Avete visto? è proprio quello che non bisogna fare con un Martini secco! Nessun regime politico riuscirà a dare al popolo la raffinatezza necessaria!” Chi afferma questo forse non è in grado di bere vino dalla caraffa o dalla botte come riesce a fare un contadino e quest’ultimo potrebbe affermare “Che mancanza di educazione, non saper fare una cosa così semplice!”.
Il regista nasconde l’uso della tecnica di ripresa cinematografica, evita il dolly ostentato, ama il movimento leggero della cinepresa senza che lo spettatore lo noti. Utilizza il sistema video per avere più precisione, pochi primi piani per evitare il melodramma.
La borghesia è sul punto di estinguersi ma in molti posti il proletariato si sta imborghesendo, poco alla volta diventa meno rivoluzionario.
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