Il Balilla a fumetti: fascistizzazione con Mimmo Piangimai, Lio di Rubino, Sì e Se di Mussino
Il Fascismo ridusse anche il fumetto ad espressione propagandistica del regime, preoccupandosi esclusivamente di formare i ragazzi a credere, obbedire e combattere, confidando in Dio, nella patria e n
In era fascista qualunque espressione della vita italiana andava uniformata al credo dominante. Che si trattasse di cultura, d'istituzioni o d'economia la parola d'ordine era una sola: fascistizzazione. Ed alla logica propagandistica non poteva sfuggire il fumetto, letteratura per immagini di forte peculiarità e sicure potenzialità. Se ne fece un uso spregiudicato che nel dopoguerra suscitò acri diatribe pedagogiche, in cui si segnalarono lo psicologo torinese Dino Origlia, lo scrittore siracusano Elio Vittorini ed il vincitore del “Premio Hans Christian Andersen” Gianni Rodari.
Fascistizzazione significava imprimere profondamente nella mente e nell'animo dei fanciulli precise parole d’ordine, cominciando ad inculcarle fin dalla primissima infanzia, tanto a scuola quanto nelle associazioni finalizzate alla pratica dell'attività fisica ed a scopi ricreativi. Nel febbraio del 1923, a qualche mese dalla marcia su Roma del precedente autunno, in ogni edicola d'Italia appariva il primo numero d'un settimanale a fumetti intitolato “Giornale dei balilla”. La pubblicazione conteneva note d'apertura indicanti nei bambini dei futuri soldati, tenuti ad assimilare il modello militare, nonché ad apprendere saperi di guerra e valori quali il cameratismo.
Il “Giornale dei balilla”, sorto a Milano, in Lombardia, si proponeva d'educare la gioventù del Paese facendo vivere sulla carta personaggi degni d'ammirazione e, per questo, suscettibili d'imitazione come il coraggioso Mimmo Piangimai, ragazzino che avversa le iniquità commesse dal prossimo. Nel 1925 il settimanale per ragazzi si fece supplemento de “Il Popolo d’Italia”, avvalendosi di talenti del calibro di Attilio Mussino ed Antonio Rubino. Mussino creò la strip sui camerati Sì e Se, mentre Rubino ideò Lio, balilla perfetto che in una vignetta del 1934, insieme all'amico Dado, lega col forte spago della logica fascista un mostro senza testa né cervello di nome Disordine.
Il primo vero eroe dei fumetti fascista comparve solo nel 1932 grazie alle avventure di un adolescente riportate dalla rivista “Jumbo”: Lucio l'Avanguardista, aviere che costituisce la copia d'un protagonista inglese del mondo dei balloon, Rob the Rover. Lucio, su disegno di Enwer Bongrani, è bello, biondo, inquadrato nell'ente di stato dell'Opera nazionale balilla. A bordo di Dux, il suo biplano, difende la giustizia, vivendo accadimenti entusiasmanti e portando sempre nel cuore l'amata fidanzatina Romana.
Nonostante l'imperante politica di regime, a cominciare da fine Anni Venti, la testata de “Il Corriere dei Piccoli”, affidò all'immaginario collettivo dei giovani un modello antimilitarista ad opera di Bruno Angioletta: Marmittone, pubblicato fino al principio della seconda guerra mondiale. Soldato impacciato e goffo, con ridotta predisposizione al servizio nell'esercito, costui prende il nome dalla marmitta, ovvero il recipiente da cucina dove in genere veniva cotto il rancio per le truppe. Tra sfortuna ed ironia finisce costantemente in prigione, perché punito dai superiori per la propria inettitudine.
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