Festival di Venezia 2017: la commerciabilità del film 'The Shape of Water'

Cinema / Festival / News - 11 September 2017 08:00

Al Festival di Venezia 2017 vince un film, "The Shape of Water" dalle tematiche attuali inserite in un contesto fantasy

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“The Shape of Water”, film vincitore della 74esima Mostra d’Arte cinematografica di Venezia affronta sopratutto il tema della diversità, fuori da ogni simbolismo. Lo fa anche in combutta con la tendenza attuale della società a odiare il diverso, sia in ottica europeista, che statunitense: quasi un messaggio opposto a quello della politica di Trump in fatto di immigrazione.

Nel film dell’esperto Guillermo Del Toro (messicano che dopo il rapimento del padre emigrò negli Stati Uniti) una donna affetta da mutismo, addetta alle pulizia in un laboratorio governativo ed una creatura umanoide acquatica si conoscono, si amano e condividono le esperienze. L'uscita dalla solitudine del colonnello Strickland (Michael Shannon) è più in generale l’eliminazione della paura delle donne, una misoginia da cui il personaggio parte e che deve superare. Non secondario è il tema della coartazione del potere che impone scelte, l’ingerenza governativa e la forza dell’amore che va oltre la morte. Infine il trionfo della giustizia e la rivalsa contro le vessazioni.


Si tratta di temi convenzionali presenti anche nei vari cinecomincs, è qui estremizzati in una storia d’amore. I superpoteri del pesce sono gli stessi degli eroi fumettistici: così il tema di maggiore originalità è l'innamoramento tra un uomo ed un animale anfibio.

In un comic - in cui l’azione prevarica sulla descrizione - sarebbero stati assenti i momenti di romanticismo di “Shape of Water”: la poetica quotidianità è narrata in maniera coerente, ed era questa l’ambizione maggiore da esaudire.

Una coerenza che Guillermo del Toro ha sempre inseguito inserendola in contesti fantasy. Nelle sue opere precedenti ha ottenuto un buon successo al botteghino: “Crimson Peak” (2015) raccontava di strane visioni che mettono in guardia dal luogo maledetto, ed ha incassato 71 milioni di dollari; “Il labirinto del Fauno” (2006) mostra Ofelia che incontra un fauno il quale le rivela di essere una reincarnazione (83 milioni); “Pacific Rim” propone i mostri Kaiju, armi biologiche create dalla razza aliena con l’obbiettivo di procedere all'occupazione del pianeta Terra (411 milioni); “Hellboy” (2004) e il sequel “Hellboy II” (2008) sono tratti dal comic della Dark Horse e s’incentrano su un essere dalla forza sovrumana (259 milioni in totale); “Blade II” (2002) con il protagonista tratto dal comic Marvel assetato di sangue e placato con un siero (155 milioni); “Mimic” (1998) con mostruosi insetti che mimano l’aspetto delle prede umane (35 milioni).

In tali casi l’elemento fantasy vira verso quello sociale e romantico: se in “ET - L’extraterrestre” la narrazione si fondava su qualcosa di possibile, e la vicenda del protagonista che cercava di tornare a casa era veritiera, in “Shape of Water” di veritiero c'è solo la donna affetta da mutismo Elisa Esposito (Sally Hawkins) che non ha nulla da perdere e che può abbandonare la sua vita per un'altra occasione, è salvata da un essere che opta per un’esistenza sott'acqua, mentre il narratore interviene nella soluzione finale. Innamorarsi di un pesce risulta poco credibile e sfocia nel patologico, mentre lo era maggiormente interagire con un extra-terrestre - argomento di cui si parlava nel periodo della realizzazione di “ET” - che voleva rincasare.

Del Toro quindi punta tutto sulla sospensione della credulità dell’innamoramento: ci si innamora di un pesce, così come di un essere diverso da noi, quasi deforme. Ma non vengono spiegati i motivi che portano ad un gesto simile, che la maggior parte delle persone non compierebbe.

A questa incredibilità iniziale ci si abitua più grazie alla recitazione del cast, che alla consequenzialità
della storia.

“The Shape of Water” non è un film semplice, ma più attento al sociale di quanto possa sembrare, per le implicazioni inerenti la difficoltà di avvicinarsi al diverso. Ma racconta anche l’afflizione della situazione contemporanea: se la condizione attuale di vita è pessima e non si ha nulla da perdere, meglio scegliere ciò che nessuno accetterebbe.

Tematiche anche commerciali, che visti gli incassi dei film precedenti di Guillermo del Toro sono meno intellettuali di quanto si possa credere.

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