The Strokes: Angles segna la tregua e riporta la band in carreggiata
The Strokes: Angles segna la tregua e riporta la band in carreggiata - Dopo quasi cinque lunghi anni di attesa da First Impressions Of Earth, esce Angles degli Strokes.
Il nuovo progetto discografico è stato segnato da tribolazioni fin dall'inizio con il divorzio dal produttore Joe Chiccarelli, gli umori altalenanti della band e l'assenza di Julian Casablancas nelle recording sessions che, invece, ha registrato le parti vocali in uno studio separato. Angles ha una gestazione durata due anni, dopo che 4 dei 5 membri si sono imbarcati nei rispettivi progetti solisti, mentre Nick Valensi era occupato in varie collaborazioni. Recentemente al "Rolling Stone" proprio Valensi ha dichiarato: "Questa band è come un castello di carte, se una cade, tutto il castello collassa"
Nel complesso è un album con tante idee in molte direzioni, turbolenze a tratti, ma comunque ben assemblato. C'è chi parla di un album di transizione. Cinque angolazioni artistiche e una parola d'ordine: sperimentare. Reinventare se stessi. Uscire dal tunnel.
In realtà, dopo che nel 2001 la band newyorchese sconvolse la scena musicale inaugurando il pop garage con l'album d'esordio Is This It?, ogni album successivo è sorto con l'intento di allontanarsi dal primo capolavoro. Non fa eccezione, il synth rock anni '80 di Angles in cui la band ci prova, mostrando volontà democratica con un lavoro collettivo ribadito nei credits: "All Music Written and Arranged by the Strokes." Casablancas, con un pizzico d'ironia, l'ha ribattezzata "l'operazione che mette tutti d'accordo".
Invece, anche questo quarto album non convince la critica: e sono in molti che continuano a "condannare" la band fatalmente destinata a ripetersi senza toccare i fasti del primo album. Eppure, in Angles si avverte una brusca inversione a U alla ricerca di una boccata d'ossigeno e nuova linfa in grado di rinvigorire il sound distintivo.
Si parte con Machu Picchu, un reggae con inserti funky: per qualche attimo si resta perplessi, ma poi la voce sintetizzata di Julian e l'increspato riff di chitarra di Mr Valensi placano lo spauracchio della delusione, catapultandoci nel viaggio musicale di Angles.
Segue Under Cover Of Darkness che esprime una contagiosa vena dissacratoria e in cui è riconoscibile il sound delle origini giunto a maturazione.
In Two Kind Of Darkness le suggestioni si fanno più cupe (con una strizzatina d'occhio a Tom Petty), il brano è chiaramente imparentato con l'album solistico di Casablancas (Phrazes For The Young, 2009): una sorta di work in progress del frontman che si avventura deliberatamente in percorsi vocali spaziando da David Bowie a Bruce Springsteen e Freddie Mercury.
You're So Right, originale, mentale, dark con un effetto spiazzante al primo ascolto.
Taken For A Fool s'immerge in pieno nelle sonorità di "Quel Stroke Sound doc", restituendone una fresca versione accattivante, mentre la successiva Games, porta di nuovo l'impronta del progetto individuale di Casablancas.
A riposo Moretti in Call Me Back, ballata rock sentimentale affidata a Casablancas che sussurra (forse con una punta di sarcasmo) "no one has the time, someone's always late", seguito dal rock&blues anni '70 della poderosa Gratisfaction.
Metabolism, con impatto finale al cardiopalma, è quella che più ricorda il terzo album First impressions of earth
Life Is Simple In The Moonlight è il brano preferito di Casablancas, decima traccia che chiude l'album in segno di pace: gli Strokes tornano in carreggiata, intenzionati a guardare avanti, in una maniera o nell'altra.
TRACKLIST:
"Machu Picchu"
"Undercover of darkness"
"Two kinds of happiness"
"You're so right"
"Taken for a fool"
"Games"
"Call me back"
"Gratisfaction"
"Metabolism"
"Life is simple in the moonlight"
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