Recensione Le Gran Bal, Laetitia Carton ci accompagna al festival di Gennetines
In sala dal 2 maggio, distribuito da Braz and hippo.
Da ormai tre decenni, a Gennetines, comune francese di meno mille anime, si danno appuntamento migliaia di appassionati di ballo. Nel mese di luglio, infatti, questo piccolo ospita un grande festival di danza popolare: il Gran Bal de l'Europe.
Laetitia Carton firma questo documentario, selezionato ai César Awards, il premio cinematografico francese equivalente agli Oscar americani. Il festival dura sette giorni durante i quali i ballerini, accompagnati dagli strumenti di centinaia di musicisti, si cimentano nei balli popolari, dalla mazurka al valzer.
Schede
Il documentario sul festival
Le Gran Bal è un inno alla vita, ricco di dettagli comunicativi. Il ballo ha la magia di azzerare le differenze di età, sesso, colore e stato di salute. Una tribù che balla, per dirla alla Jovanotti, per ore impossibili, sfidando la stanchezza e la notte, è un'immagine di potenza. Il girato in bianco e nero rafforza l'idea di un'energia primordiale da assecondare.
Il ballo è vita
Racconta una voce fuori campo: “Quando ho mostrato le prime immagini delle danze a un amico coreografo, mi ha detto che vedeva una cosa sola: il bisogno imperioso, essenziale degli esseri umani di essere toccati. In effetti i balli sono uno dei rari momenti in cui ci si tocca anche senza conoscerci, in cui i corpi si incontrano. Ballare è combattere contro tutto ciò che ci trattiene, tutto ciò che ci limita e appesantisce. È ascoltare ciò che il corpo ci sussurra. È far girare il mondo intorno a noi, ma nella danza, per me, c'è soprattutto, l'altro. Non amo ballare da sola. E, a volte, uscire da se stessi, sentire l'altro, fino a quasi diventarlo, come se il cuore saltasse dal tuo petto nel suo, e sento che mi dissolvo mentre sono più presente che mai, e sento che il mondo non è solo qualcosa di esterno a me, ma che mi è offerto, che io sono nella vita.”
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