Recensione Land di Babak Jalali al cinema
Cinema / Recensione - 15 February 2019 13:38
In sala dal 21 febbraio, con la partecipazione di Torino Film Lab, Asmara Films e Rai Cinema.
Babak Jalali realizza un film sulle terre dimenticate d'America. Presentato allo scorso Festival di Berlino nella sezione Panorama, Land è un ritratto amaro di una comunità Sioux relegata nella riserva di Prairie Wolf.
Il regista iraniano, cresciuto a Londra, si interessa alla sceneggiatura dopo aver letto un articolo pubblicato dal Guardian. L'alto tasso di suicidi e morti precoci caratterizzano Pine Ridge, una riserva indiana dove la convivenza tra nativi e colonizzatori è particolarmente problematica. Jalali si documenta e decide di trascorrere del tempo nelle riserve.
Land
ha una scena di apertura esemplificativa - una birra, l'urina
involontaria nei pantaloni, un'imprecazione impastata: questo è
quello che resta del mondo di Wesley Denetclaw (James Coleman), un
pacifico alcolista dalla favella scomoda, con le sue storie di
cacciatori bianchi e burattini. Ogni mattina, sua madre Mary (Wilma Pelly) lo accompagna al negozio di alcolici per recuperarlo verso sera. È lei, ad allungargli gli spiccioli per procurarsi la birra, un atto di amore per tenere Wesley
fuori da guai.
Raymond (Rod Rondeaux) è il suo figlio maggiore, ex
alcolista, ora sposato con prole. Raymond è un personaggio
silenzioso, da tempo rassegnato alla mancanze di
prospettive.
L'annuncio della morte in Afghanistan di Floyd, il
più giovane dei Denetclaw, innescherà la dinamica violenta.
Land è senza dubbio un film da vedere al cinema. Immensi paesaggi muti rispecchiano la native pride di una madre: la sua natura dignitosa, onesta, richiama un potente simbolismo di forza e memoria storica.
Mamma
Mary risulta, infatti, depositaria della saggezza di un popolo,
una figura minuta e tanto anziana, capace di tenere testa all'avidità
del business dell'uomo bianco. La caratterizzazione del suo personaggio, volto di un
popolo stanco ma tenace, reggerebbe l'intera narrazione. Con un figlio
perduto, e un altro nella bara, diventa sorda alle promesse di un
risarcimento inadeguato coperto, non a caso, dal rumore di mostri
tecnologici. Gli indiani restano una popolazione da sfruttare, che
siano forza lavoro, giovani militari da sacrificare, o puri di cuori
da sedare mortalmente con l'alcol.
Gli aerei, che sorvolano la riserva, coprono
le chiacchiere del funzionario sulle agevolazioni di una madre con un
figlio morto per la “patria”. Gli stessi aerei trasportano
milioni di persone, da una parte all'altra del mondo: molti sono
turisti, indisposti o incapaci di cogliere il senso dell'altro.: l'umanità di una cultura che, per esempio, accoglie in casa un cane
destinato a morire per non fargli vivere gli ultimi giorni da
prigioniero.
Land ha una virtuosa produzione alle spalle con la partecipazione attiva del Torino Film Lab, Asmara Films e Rai Cinema al progetto. Vale la pena riportare le note di produzione, in cui si specifica: “I produttori sono europei e messicani; per sviluppare il progetto siamo stati a Sofia, Parigi, Torino; i finanziatori che hanno accettato con coraggio di sostenere Land hanno stanza in Qatar, ad Amsterdam, a Città del Messico; il film è ambientato negli Stati Uniti e i suoi attori protagonisti sono tutti nativi e statunitensi. Le riprese si sono svolte poco lontano da Tijuana, a pochi chilometri da quel muro di separazione di cui quest’anno si è tornato molto a parlare. Le settimane della lavorazione restano come un ricordo indelebile per tutti coloro che vi hanno preso parte: sul set si parlavano correntemente sette lingue, dal farsi all’italiano all’olandese, e centinaia di volte si sono passati confini e controlli che oggi tornano a farsi troppo minacciosi e perentori".
Gli ostacoli non sono mancati: "Land è un film apolide, o meglio con tante cittadinanze. Le cittadinanze di tutti coloro che ne hanno reso possibile la realizzazione. Non lo nascondiamo, non è stato facile; sono stati sette anni di viaggi, incontri, burocrazia, dubbi, inciampi. Tutto su rotte transoceaniche. Ma è stata un’esperienza preziosa che ci ha fatto crescere e che vale a nostro parere come testimonianza. E ogni volta che riguardiamo il film, sullo schermo ritroviamo la bellezza e l’intensità di ciò che abbiamo vissuto”.
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