Recensione film The Alto Knights - I due volti del crimine, rivisitazione troppo familiare
Cinema / Recensione - 22 March 2025 10:30
Robert DeNiro ci dà il due per uno, recitando nella rappresentazione del regista Barry Levinson
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Dopo Bugsy del 1991, il premio Oscar Barry Levinson torna alla regia dirigendo il racconto biografico di Nicholas Pileggi sul cameratismo e lo scontro tra due dei più famosi capi mafiosi, Frank Costello e Vito Genovese. Interpretati da Robert De Niro e Joe Pesci. La famiglia. Fedeltà. Gelosia. Tradimento. Tutti gli ingredienti per il cocktail del cinema poliziesco. La lotta per il potere per le strade si basa su tali elementi per dimostrare che l'attore che ha iconizzato il genere gangster, qui nei panni di due personaggi principali, non è solo fantasia.
Il titolo deriva dal circolo sociale in cui Costello e Genovese si sono formati come mafiosi, un ambiente confortevole che ora è sbiadito perché i tempi sono cambiati, i ruoli si sono invertiti e Genovese torna da un esilio con l'intento minaccioso di raggiungere il dominio nella famiglia che il suo coetaneo ha ora evoluto. Attraverso la voce di Costello, De Niro racconta la saga della mafia. Ancora una volta, come in Quei bravi ragazzi, Casino e The Irishman. L'uso speculare di introduzioni narrate ai vari furbetti sui tagli rapidi dei loro volti è un espediente letterario mutuato direttamente dal libro di Scorsese. Questa scelta potrebbe essere interpretata come un omaggio o il ricalco di un modello riconoscibile.
La regia risuona di echi di classici precedenti
Con un ritmo solido, mai troppo lento o veloce, la tensione è ben gestita e premia la pazienza dello spettatore, toccando le note giuste al momento idoneo. Ripercorrendo le tappe fondamentali della storia del crimine organizzato, vengono presentati luoghi comuni come il Copa Cabana, Little Italy e le udienze in tribunale. Inizialmente amici, il tempo illustra le diverse prospettive di vita basate sull'omertà e il motivo per cui si giunge a un conflitto incompatibile.
L'essenza della storia è il punto di ebollizione che mette in discussione l'identità. Gangster o gentiluomo. Non volendo rinunciare alla sua posizione di puro racket, Genovese è diffidente nei confronti dell'integrazione di Costello in politiche commerciali più civili. Naturalmente, le ambizioni sfacciate del suo compagno preoccupano molto Costello. È la decisione di Vito di entrare nel lucroso ma rischioso mercato della droga che preoccupa Frank, che teme che possa arrecare danni a tutta la mafia. Vengono tracciate linee permanenti che mettono a rischio le vite.
L'aumento della posta in gioco accresce la tensione della trama.
Il pubblico non vedrà i due boss sullo schermo insieme, il che probabilmente contribuisce a rendere più verosimile il fatto che sia lo stesso attore a interpretare due personaggi diversi. Non sono gemelli. Non è un film come Double Impact con Van Damme. Il trucco e il design dettagliato dei costumi creano distinzioni convincenti tra Genovese e Costello, e gli accenti e i toni contrastanti di De Niro arrivano come un'ulteriore sorpresa. Purtroppo, il cast di supporto non offre un adeguato sostegno. Nonostante i volti indistinti e i ruoli poco movimentati, sono i duelli tra i Don a tenere con il fiato sospeso.
Si nota che il protagonista (o i protagonisti) non sembra pronunciare i dialoghi con lo stesso sorprendente contegno che gli ha valso la sua fama. Forse le battute sono solo meno memorabili, ma non catturano l'attenzione e probabilmente non si sentiranno citazioni di altri classici del genere.
Genovese non si lascia sfuggire l'opportunità di diventare il capo di tutti i capi. Sebbene Costello non ne sia consapevole o lo riconosca, anche lui combatte con i suoi metodi per tenere Vito lontano dalla poltrona più alta. Dama contro scacchi, mentre il famigerato incontro di Apalachin incombe su tutta Cosa Nostra. Questo film non reinventa la ruota. Non cambia nemmeno le gomme. Un coltello come questo taglia le aspettative in due modi: da una parte soddisfa chi ha aspettative basse, dall'altra delude chi è desideroso e aperto a un altro standard.
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