Recensione film Perfect Days
Cinema / Recensione - 01 May 2024 11:30
In DVD, 4K UHD e BLU-RAY la nuova opera di Wim Wenders
Candidato
nel 2024 al Premio Oscar come miglior film in lingua straniera e vincitore nel
2023 al Festival di Cannes del Premio della giuria ecumenica e del Prix d'interprétation
masculine a Kōji Yakusho, l’opera, in un primo momento, avrebbe dovuto essere
un documentario che avrebbe mostrato i risultati del progetto Tokio
Toilet,
Questo progetto, realizzato tra il 2020 e il 2023, prevedeva che diciassette bagni del quartiere di Shibuya venissero realizzati ex novo, in base a nuovi criteri estetici e funzionali, e che tale lavoro venisse presentato in un filmato affidato espressamente a Wim Wenders, scelto per le sue precedenti opere ambientate in Giappone e per la sua conoscenza e rispetto per la cultura di questo paese.
Nel corso della realizzazione del lungometraggio, tuttavia, Wenders ha scelto di trasformare il documentario in un film vero e proprio dove il protagonista principale è Hirayama, un addetto alle pulizie di queste avveniristiche toilette.
Trama di Perfect Days
Hirayama (Kōji Yakusho) è un signore di mezza età, silenzioso e sorridente, che conduce una esistenza solitaria, caratterizzata da una routine perfetta: si alza all’alba, si lava i denti, esce di casa e per prima cosa guarda il cielo, poi beve un caffè in lattina preso da distributore collocato vicino alla sua abitazione, sale a bordo del furgone e si reca la lavoro.
La pausa pranzo la trascorre nel parco a scrutare i movimenti delle foglie degli alberi, che fotografa con una macchina fotografica analogica e a raccogliere piccole piantine, che, tornato a casa, rinvasa con affettuosa cura.
Finito il suo turno, fa ritorno alla sua abitazione, va a lavarsi ai bagni pubblici, consuma il suo pasto serale in un noodle bar e prima di addormentarsi legge un’opera scelta tra quelle della sua ben fornita libreria.
Nei giorni liberi, fa il bucato, va nella sua libreria di fiducia a comprare un libro, porta il rullino a sviluppare, ritira le foto, sceglie le migliori che archivia in un raccoglitore e va pranzare in un ristorantino.
Insomma, Hirayama conduce una vita semplice, scandita da attività che si ripetono uguali ogni giorno, che tuttavia non lo annoiano perché sono svolte con impegno e passione e, inoltre, non sembra nemmeno soffrire di solitudine perché i suoi modi gentili e rispettosi sono ricambiati dalle persone con cui entra in contatto.
A farci sapere qualcosa di più sul suo passato, sulle sue abitudini, provvedono alcuni come il collega Takashi (Tokio Emoto), loquace ed estroverso, la libraia dove acquista i libri e la nipote Niko (Arisa Nakano), che si è rifugiata da lui per sfuggire al clima conflittuale che imperversa nella sua casa.
E verso la fine del film, in un sogno del protagonista, Wim Wenders svela che cosa Hirayama osserva tra gli alberi: si chiama komorebi è la luce che filtra tra gli alberi, che esiste solo ed esclusivamente in quel preciso istante. Una immagine molto romantica e insieme simbolica, non un semplice fenomeno naturale che rappresenta l’invito a cogliere la luce anche nei periodi bui della vita. Esattamente come fa il protagonista del film.
I molti punti di forza di Perfect Days
Perfect Days è un meraviglioso mélange tra documentario e finzione, dove la finzione è costituita dalla storia, dal protagonista, dalla sua vita quotidiana ma il lungometraggio è stato girato come se fosse un documentario, grazie alla bravura di Kōji Yakusho che ha saputo interpretare in modo così naturale la sua parte da riuscire a rendere interessante ogni singola azione nonostante questa venga ripetuta più volte nel film.
La decisione di affidare a Wim Wenders l’opera nasce dalla conoscenza che il regista ha del cinema giapponese, in particolar modo dei film di Yasujirō Ozu (1903 – 1963), esponente del cinema realista che nei suoi film ha saputo rappresentare insieme la tradizione e la modernità del suo paese. Del regista nipponico, Wender ha colto l’importanza della famiglia, la scelta di effettuare inquadrature dove non ci sono personaggi ma solo oggetti, l’attenzione alle piccole cose tipica di Ozu, che ha contribuito a fare di questo lungometraggio un film molto giapponese
Il protagonista principale del film, Hirayama sotto per certi aspetti è un personaggio misterioso. Non si sa molto di lui, del suo passato. A svelarci qualche dettaglio nel film è la nipote Niko e, soprattutto, Wim Wenders in una lunga intervista presente nel DVD.
Di certo non ha non sempre ha svolto quel lavoro. Avrà avuto una vita interessante, privilegiata, poi qualcosa lo spinto a cambiare radicalmente abitudini, probabilmente l'insoddisfazione per ciò che aveva fatto fino a quel momento. Sceglie, quindi, di svolgere un lavoro semplice, che gli permetta di godere della bellezza della vita, della natura, di poter essere utile al prossimo. Inizia così una nuova esistenza fatta di “giorni perfetti” dove la felicità consiste nel sentirsi soddisfatti da quello che si possiede e dalle piccole cose quotidiane.
Inoltre, è consapevole che la visione del Komorebi potrebbe accadere una sola volta nell’universo e lui potrebbe essere l’unico ad accorgersene, una consapevolezza che, come spiegato da Wenders, è il punto centrale del film, ciò che può far uscire lo spettatore dalla prigione della società dei consumi e la missione di Harayama è renderlo manifesto a tutti, un compito che rende la sua vita così unica e importante.
Insomma, Perfect Days è un invito a semplificare le nostre vite, a fare a meno del superfluo, che non è detto ci renda sempre felici, ma soprattutto ad essere gentili con il prossimo, ad aver cura di sé, degli altri e dell’ambiente in cui si vive come fa il protagonista che pulisce con molta cura dei bagni come se fossero suoi.
E insieme una delicata critica ai ritmi veloci della società contemporanea, giudicata proprio attraverso i suoi beni di consumo. Hirayama adopera una macchina fotografica a rullino, preferisce leggere libri cartacei e utilizzare le musicassette a nastro per ascoltare le canzoni indimenticabili degli anni Settanta di Lou Reed, Patty Smith, Van Morrison.
E a proposito di brani musicali, un contributo non indifferente al successo del lungometraggio giunge proprio dalla colonna sonora che esalta le scene e si sostituisce in modo efficace al parlato. A titolo di esempio, la sequenza iniziale del film accompagnata da “The House of the Rising Sun” degli Animals e quella conclusiva “Feeling Good” di Nina Simone, che conquista lo spettatore con la sua meravigliosa fusione tra musica e immagini.
Perfect days è una utopia dove non si vive per consumare, per avere, ma per apprezzare con occhi sempre nuovi ciò che si ha. Un film poetico che solo Wim Winders, il regista de “Il cielo sopra Berlino”, poteva realizzare.
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