Lo chiamavano Jeeg Robot, intervista allo sceneggiatore Nicola Guaglianone: 'il cinema italiano ha bisogno di immaginazione'

Cinema / News - 25 February 2016 11:30

Lo chiamavano Jeeg Robot è il film nelle sale che mostra un supereroe italiano. Mauxa ha intervistato lo sceneggiatore del film Nicola Guaglianone.

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Film Lazzaro Felice

Lo chiamavano Jeeg Robot è il film in uscita oggi nelle sale distribuito da Lucky Red. Il film è diretto da Gabriele Mainetti, con un cast composto da Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorelli. La sceneggiatura è di Nicola Guaglianone e Menotti.

La trama segue la vicenda di Enzo Ceccotti, vissuto nella periferia romana e che casualmente entra in contatto con una sostanza radioattiva. Scopre così di possedere un forza sovrumana: la sua carriera di delinquente pare avere una svolta, fino all’incontro con Alessia. Lei infatti ritiene che Enzo sia l’eroe del famoso cartone animato giapponese Jeeg Robot d’acciaio.

Mauxa ha intervistato lo sceneggiatore, Nicola Guaglianone autore anche del soggetto. Ci ha raccontato della fase di scrittura non minata dall’uso degli effetti speciali: “A differenza dei film americani che sono concentrati tutto sugli effetti speciali, qui negli sforzi che il protagonista compie da supereroe non abbiamo fatto affidamento a questo aspetto. Tutto doveva essere molto primitivo, carnale, doloroso, faticoso. In questo senso non ci siamo immaginanti grandi distruzioni, era tutto alla portata di un uomo forte. Lo vediamo che sradica un bancomat, lo fa con una fatica incredibile”.

Il protagonista entra in contatto con dei bidoni radioattivi nel Tevere e lentamente si accorge di aver acquisito una super forza: “Io ho sempre definito questo film come l’educazione di un misantropo - ci dice Guaglianone - grazie all’amore di una donna che confonde la realtà con l’immaginazione. Quando gli capitano questi superpoteri non sa cosa farne e li usa solo per se stesso. Il potere è un servizio”.

Showrunner. Il film è prodotto da Goon Film con Rai Cinema. Nel sistema produttivo recente si fa uso della figura dello Showrunner, ovvero dello sceneggiatore che prende parte anche alle riprese. Anche in questo caso gli autori sono stati presenti sul set: “Siamo andati sul set, con Menotti: per curiosità. Gabriele Mainetti ci ha anche coinvolto con la scelta gli attori. Ilenia Pastorelli - l’attrice che interpreta Alessia, n.d.r. - ad esempio quando scrivevo l’avevo vista in televisione, con un dialetto particolare. Avevo inserito dei modi di dire nel personaggio di Alessia, ne ho parlato a Gabriele”. Per Guaglianone la presenza dello sceneggiatore su set è funzionale: “Consiglio a tutti i registi di portare lo sceneggiatore sul set. Il film ce l’hai nella testa, te li porti a dormire fino alla sera”.

I cinecomics. La Marvel Comics e la Dc Comics fino al 2020 hanno pianificato film tratti da fumetti, come “Wonder Woman”, “Suicide Squad”, “Aquaman”, “Flash”. Il ricorso a questo genere fortemente immaginativo per Guaglianone ha motivazioni produttive in primis: “C’era un libro che raccontava questo: è il periodo dei remake, dei supereroi. In questa maniera la produzione va sul sicuro: anche perché è cambiato il modo di fruire del cinema, occorre mostrare allo spettatore delle scene spettacolari che a casa non possono vedere. I dodicenni sono abituati a vedere i film sul telefonino: i personaggi della Marvel e DcComics in 3d ti garantiscono di vedere scene sublimi”.

Il ricorso al comics è funzionale anche ad un aspetto sociologico. “Quella dei comics è una tribù. Io ho letto ‘Diabolik’, ‘Paperino’. Non sono un grande conoscitore. Ultimamente ho letto ‘Shamo'. Per alcuni corti ci siamo basati sul fantasy, come per ‘Tiger Boy’ o “Basette’ che trattava di Lupin. Quelli che erano i miei miti: il mito che ti porta a fuggire con la realtà”.

Guaglianone ha scritto anche un corto, “Due piedi sinistri” di Isabella Salvetti, che ha ottenuto molte visualizzazioni su YouTube: “Dopo aver raccontato il tema del mito, mi interessa la diversità. La medesima di Enzo Ciccotti in ‘Lo chiamavano Jeeg Robot’, vivendo lui a Tor Bella Monaca. Contro la realtà, lui costruisce un muro intorno al suo cuore. Per me il cinema italiano ha bisogno di immaginazione. Forse ci siamo stancati di sentire le stesse storie che raccontano di commercialisti in crisi adolescenziali. Siamo capaci di emozionare. Usare il genere per raccontare la realtà”.

Il prossimo progetto è “Indivisibili”: “Si tratta della storia di due cantanti siamesi, attaccate. È diretto da Edoardo De Angelis e scritto da me e da Barbara Petronio”. Il modello di Netflix permette - secondo Guaglione - anche di essere più liberi: “Stiamo scrivendo la serie tv ‘Suburra’ per Netflix: ho scritto molte serie per Canale 5 o Rai, nella televisione generalista c’era una autocensura. La domanda che si fai ora è ‘funziona o non funziona?’. La serie televisiva italiane hanno una loro identità”.

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