Il grande dittatore, il film di Charlie Chaplin più scomodo
Cinema / Classico / News - 13 October 2014 13:00
Il grande dittatore per la sua trama è uno dei più scomodi di Charlie Chaplin, ironizzando su Hitler. Famoso è il discorso e monologo finale del film.
Il grande dittatore (“The great dictator”) è il film di Charlie Chaplin che uscì nelle sale statunitensi il 15 ottobre 1940. Il cast era compsoto dallo stesso Chaplin e da Paulette Goddard e Jack Oakie.
La trama de Il grande dittatore. Alla fine della prima guerra mondiale, un soldato che nella vita civile è un piccolo barbiere ebreo salva la vita del funzionario tedesco Schultz fuggendo con lui dall'esercito conquistatore. I loro aereo si schianta durante la fuga, il barbiere ebreo soffre di amnesia ed è curato in un ospedale durante l'ascesa del dittatore Adenoid Hynkel. Anni dopo il barbiere torna al suo negozio nel ghetto di una città, senza sapere che lo Stato è ora sotto il dominio nazista, e che gli ebrei sono perseguitati dal megalomane Hynkel, con cui il barbiere ha una somiglianza sorprendente. Il barbiere non riesce ad accettare tale ingiustizia, ma viene picchiato e arrestato con il suo amico Schultz anche lui sconcertato dalla persecuzione degli ebrei. Schultz e il barbiere vengono inviati a un campo di prigionia. Hynkel intanto studia l'invasione del paese di Osterlich assieme a Benzini Napaloni, il Dittatore di Bacteria. Quando Schultz e il barbiere fuggono dalla prigione, alla vigilia dell'invasione di Osterlich Hynkel è scambiato per il barbiere tanto da venire arrestato. Il barbiere così prende il posto del dittatore e sul palco tiene un appassionato appello per bontà umana e l'amore fraterno.
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Adolf Hitler. Il film annette al tema dello scambio di persona, tipico della commedia dell’arte e della comicità del cinema muto un argomento ostica e di difficile trattazione. In un’epoca storica in cui non si aveva ancora evidenza nei media delle deportazioni degli ebrei, Chaplin riesce a veicolare un tema tragico con un tocco elegante e al contempo sinistro: lo spettatore infatti comprende che le deportazioni sono opera di Hynkel, e al contempo che si stanno svolgendo nel medesimo periodo in cui si vedono sullo schermo ad opera di Adolf Hitler. E per non rischiare di sembrare irrispettoso Chaplin sceglie di focalizzarsi sulle ridicolaggini del dittatore, che alla fine viene sostituito da un uomo qualunque. Uno dei film più coraggiosi mai realizzati, perché affrontava un tema che sarebbe stato la piaga del XX secolo e soprattutto in maniera ilare.
Il grande dittatore, Hitler e Mussolini. Il film subì comunque vari attacchi, perché Charles Chaplin aveva difficoltà a garantire il titolo “Il grande dittatore”. Le fonti sono in disaccordo sulla gestazione della pellicola, tanto che si ipotizza che nel 1937 Alexander Korda suggerì a Charles Chaplin di realizzare una storia di Adolf Hitler basata su un'identificazione sbagliata, con una produzione che però subì tre anni di ritardo. Secondo materiali contenuti nei file MPAA / PCA presso la Biblioteca AMPAS, ad ottobre 1938 George Gyssling, console tedesco scrisse a Joseph I. Breen una lettera in cui contestava l'intenzione di Chaplin di girare un film che avrebbe reso "burlesque" Hitler: Breen negò di essere a conoscenza del film. Lo stesso dittatore è assimilabile a Benito Mussolini, nonché ai vari antisemitismi e ideologie razziste.
Chaplin depistò le notizie sulle riprese, anche se il New York Review riportava che Chaplin dichiarò di voler utilizzare scene di massa reali girate in Germania durante il regime di Hitler, e che desiderava che l’idea fosse rimasta segreta per timore che qualcuno potesse rubarla. Il film costò due milioni di dollari e ne incassò cinque.
Il discorso e monologo de Il grande dittatore. Chaplin è stato citato in giudizio per testimoniare davanti a una sottocommissione del Senato che indagava sulla diffusione di propaganda alla guerra nei film. Questi fatti testimoniano come il discorso finale del film non sia bastato a placare gli animi: “Mi dispiace, ma io non voglio essere un imperatore - dice il barbiere alla fine - Vorrei aiutare tutti, se possibile; Ebreo, neri, bianchi (...) Più che di macchine abbiamo bisogno di umanità. Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza”.
Le recensioni de Il grande dittatore. Per alcuni critici questo discorso era troppo buonista, rendendo zuccheroso il film. E invece Chaplin realizzò il primo film sonoro della sua carriera, dopo la pellicola “Tempi moderni” (1936). Ma poi la storia lo subissò, affermando negli anni successivi che se avesse saputo la reale portata delle atrocità naziste, egli "non avrebbero preso in giro la loro follia omicida”. Hitler bandì il film in tutti i paesi occupati, dopo che lo vide per due volte. Nessuna fonte storica riporta quale fu la sua reazione.
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