Pier Paolo Pasolini E I Suoi "Ragazzi Di Vita". 30 Anni Dopo

Daily / News - 12 May 2010 07:13

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Dopo più di 30 anni dalla morte in circostanze misteriose del poeta e regista Pier Paolo Pasolini, la sua figura è tornata prepotentemente alla ribalta delle cronache per due motivi: la decisione di riaprire quello spinoso fascicolo, per cercare di far luce una volta per tutte su quanto accadde la notte tra l'1 e il 2 novembre del 1975 all'Idroscalo di Ostia, che è scaturita dalle recenti rivelazioni di Marcello Dell'Utri riguardo a un presunto manoscritto originale dell'ultimo capitolo del romanzo postumo di Pasolini, "Petrolio". Sollecitazioni parlamentari e della procura di Roma hanno fatto il resto. Sta di fatto che i rumori intorno alla figura del poeta bolognese non si sono mai del tutto sopiti, sin dal suo esordio come romanziere con Ragazzi di vita, che noi di Mauxa vogliamo proporre al pubblico dei lettori per celebrare la figura di questo grande scrittore italiano.

Uscito per la prima volta nel lontano 1955 per Garzanti, il libro di Pasolini destò un grande clamore e fu subito oggetto di sdegno della maggior parte del mondo intellettuale e politico italiano di allora, al punto di vedere trascinati autore ed editore davanti alla IV sezione del tribunale di Milano per "oltraggio al pudore". La mobilitazione di amici e sostenitori dello scrittore quali Emilio Cecchi, Carlo Bo e Moravia - per citarne solo alcuni -  riusciranno a farli assolvere dall'imputazione. Ma entriamo ora nel vivo del romanzo e cerchiamo di capire il perché di tutto questo astio nei confronti di Pasolini.

"Ragazzi di vita" narra delle avventure - o meglio disavventure - di un gruppo di ragazzini di Roma, alle prese con la difficile situazione di un dopoguerra che ha lasciato la città e la società devastati, dal punto di vista materiale e morale. Ed è proprio il degrado della società di allora l'oggetto principale di indagine dello scrittore, che usa i suoi piccoli protagonisti, il Lenzetta, il Begalone, il Caciotta e il suo portavoce, il Riccetto, per scandagliare negli strati più bassi della società e portare in primo piano l'abbandono delle fasce più deboli della popolazione. Le borgate romane e i quartieri degli sfollati, da Donna Olimpia a Portonaccio, passando per Tiburtino, sono le principali ambientazioni delle piccole malefatte di questi "ragazzi di vita", bambini costretti a fare i conti con una vita durissima che li costringerà a diventare uomini prima del tempo.

 

"Erano ormai quasi all'altezza dell'Acqua Santa, a destra c'erano tutte le praterie deserte e le marane, a sinistra cominciava via dell'Arco di Travertino, che puntava dritta verso Porta Furba, e da lì al Mandrione e alla Maranella. In fondo a Via dell'Arco di Travertino, c'erano qua e là due grandi ammucchiamenti di bicocche di cui, camminando per la strada, si godeva magnificamente la vista. Erano tante casupole rosa o bianche, con in mezzo baracche, catapecchie, carrozzoni di zingari senza ruote, magazzini, tutti mescolati insieme e sparsi sopra i prati, in parte, in parte ammucchiati contro i muraglioni dell'Acquedotto, nel disordine più pittoresco".

 

Per tirare a campare, sono costretti a delinquere, rubando qua e là pezzi di ferro e metallo che poi rivendono per pochi soldi. La famiglia spesso è un ente fantasma, disgregata e colpita da fenomeni come violenza e alcolismo, dalla quale stare lontani è l'unico rimedio possibile per pochi attimi di felicità al giorno. La scuola è una realtà lontana, talmente  assente che Pasolini descrive sin dall'inizio del romanzo - con uno stratagemma letterario degno di nota - come un rudere cadente e ritrovo di sfollati e senza dimora, insomma un rifugio silente e niente più.

 

"'Quando dichi che ce rimediamo a Riccè?' chiese ingenuo il Caciotta. 'Ce famo poco poco na trentina de sacchi' rispose l'altro. 'E chi ce torna ppiù a casa', aggiunse poi tirando allegramente le ultime boccate dalla cicca. Tanto la sua era una casa per modo di dire: andarci o non andarci era la stessa cosa, magnà non se magnava, dormì, su una panchina dei giardini pubblici era uguale."

 

I piccoli malviventi occasionali si arrabattano per un pezzo di pane, ingegnandosi per rimediare "na piotta", e tra una scorrazzata a Villa Borghese e un tuffo nel Tevere, non disdegnano la compagnia di una prostituta.  Lo scrittore non ci risparmia nessuno dei particolari scabrosi che ne scaturiscono, descrivendo anche cinicamente fenomeni di prostituzione maschile, tema che risultò particolarmente inviso alla pubblica morale borghese degli anni '60 e che costò poi la denuncia a Pasolini.

 

"'Ma li mortacci loro' gridò forte scattando il Picchio. Nel gridare e nel masticare tutta la pelle del viso secco e piccolo gli s'aggrinzava. 'Nun me vonno fa scopà' gridò. 'Ste dritterie, te fai fà, a Picchio?' fece il Cappellone. Il Calabrese ghignava con la faccia gonfia. Il Picchio si rialzò e sbandando si portò le mani a imbuto davanti alla bocca, e rivolto alla spianata che si estendeva sotto di loro, ci rifece: 'A paragule!'".

 

La fabbrica del Ferrobedò e i bagni nel Tevere tra gli schiamazzi dei ragazzini, che fanno da sfondo a tanti momenti descritti nel romanzo, sono il simbolo di un'epoca che certamente non tornerà più e che si è conclusa con la ricostruzione del dopoguerra e il boom economico, ma certamente Pasolini non riesce a nascondere una vicinanza emotiva con quel popolo di emarginati che è presente anche nei suoi film (vedi "Accattone"). Il linguaggio che adotta, un dialetto romanesco rivisitato che non ci risparmia parolacce e un certo gergo tipico, è lo strumento stilistico che riesce a far entrare il lettore in contatto diretto con la realtà descritta, pur non facendolo immedesimare con nessuno dei suoi protagonisti, ma lasciando trasparire la pietas dell'autore per i suoi protagonisti. L'attualità di un romanzo come questo, dove vengono descritte famiglie disagiate, giovani allo sbando, e l'assenza di uno Stato forte e presente sul territorio, può sembrare strumentale se estrapolata dal contesto stesso, ma a ben vedere è il marchio che accomuna tutti i grandi autori, cioè la loro capacità di individuare i grandi mali della nostra società anche ad anni di distanza.

 

 

 

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