'La nostra società sta diventando eccessivamente protettiva': intervista a Daniele Fabbri
Daily / News - 03 April 2017 07:00
Mauxa ha intervistato Daniele Fabbri. Il comico ci ha parlato del suo nuovo monologo intitolato "Infarto Cesareo".
Abbiamo intervistato il comico Daniele Fabbri, protagonista il 7 aprile al Teatro Douze di Roma con un nuovo significativo show.
D: Il tuo nuovo monologo si intitola “Infarto Cesareo”, cosa lo distingue rispetto ai precedenti?
R: La voglia di essere più scemo. Nei miei primi spettacoli ho cercato di esplorare un umorismo molto logico, quasi analitico, eppure a me diverte molto fare il cretino, in questo spettacolo ho dato più spazio al “cazzeggio”. Pensa che a un certo punto faccio letteralmente le capriole sul palco.
D: Come mai hai scelto di parlare del “trauma” come di un’esperienza educativa e migliorativa di sé?
R: Perché la nostra società sta diventando eccessivamente protettiva, l’idea che quando le persone hanno un problema possano venire “traumatizzate” a volte sfiora il ridicolo, per cui mi diverte l’idea di ribaltare il concetto, anche perché è assolutamente vero che le esperienze traumatiche che ho vissuto nella mia vita mi abbiano aiutato ad imparare e a crescere.
D: Qual è il pubblico ideale di questo show?
R: Beh, lo spettacolo è perfino molto educativo secondo me, direi che le uniche persone inadatte sono quelle che storcono il naso davanti alle “parolacce”. Io non sono neanche un vero campione di volgarità, sono più un appassionato, ma visto che ancora mi capita nel 2017 di avere in platea gente che si infastidisce alla parola “fregna”, meglio precisare.
D: Scrivi e interpreti sketch per “ComedyCentralNews” e sei autore e attore comico in “Nemico Pubblico”, parteciperai anche ad altri programmi in tv?
R: Attualmente stiamo ultimando le registrazioni per la terza stagione di CCN, e anche quelle per un altro programma di Standup Comedy sempre su Comedy Central, dove porterò qualche estratto del mio precedente spettacolo. Poi chissà.
D: C’è una trasmissione nella quale hai sempre sognato di esibirti e affermarti come comico?
R: Il Pippo Chennedy Show. Ma è finito prima che io iniziassi a fare il comico.
D: Qual è la tua personale idea di cabaret? In che modo hai cercato di concretizzarla nel corso della tua carriera?
R: Tra “cabaret” e “standup comedy” si sono generati una serie di equivoci incredibili in questi anni. A me non interessa la distinzione tra comicità “forte” o “leggera”, satira o non satira, io faccio quello che mi diverte fare, punto e basta. Penso però che la comicità debba essere affidata a persone veramente creative, artisti che facciano ricerca, su qualsiasi tipo di umorismo. In Italia la figura del comico è troppo associata a quella del “cazzone” della comitiva, sembra che per fare questo mestiere basti imparare 10 barzellette di fila e fare un po’ lo scemo, per questo la comicità che vediamo ovunque è così ripetitiva e stantìa. Nel corso della mia carriera ho cercato di proporre spettacoli completi e variegati, oltre che divertenti, perché la qualità è la cosa più importante. Voglio che la gente sia soddisfatta come quando va in un buon ristorante con un menù ricco, di quelli che vale la pena andarci sia per i piatti ricercati, sia per una semplice amatriciana. È la qualità che dà il vero piacere, per questo andiamo a mangiare fuori: tutti cuciniamo, ma non tutti siamo chef.
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