Pride and Prejudice and Zombies, la recensione del film irriverente rivisitazione di Burr Steers

Cinema / Recensione - 03 February 2016 08:00

PPZ – Pride and Prejudice and Zombies è un film che vuole riportare al cinema il grande classico della letteratura inglese Orgoglio e Pregiudizio, ma aggiunge una vena allo stesso tempo horror

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Il nuovo zombie movie pronto ad assalire le sale italiane è PPZ – Pride and Prejudice and Zombies, in cui Lily James e Sam Riley, rispettivamente i due celebri protagonisti Elizabeth e Mr. Darcy, danno vita a duri scontri l’uno accanto all’altro, diretti da Burr Steers.

PPZ – Pride and Prejudice and Zombies presenta una trama capace di mescolare il sacro al profano. L’Inghilterra del diciannovesimo secolo è testimone di una tragica epidemia che dilaga lungo tutto il Paese e costringe le eleganti tradizioni di stampo vittoriano a cedere il posto a virulente invasioni di zombie. In uno scenario di morte e distruzione, quando uno dei principali scopi non è trovare marito ma riuscire a sopravvivere, si fa largo la tanto coraggiosa quanto orgogliosa Elizabeth Bennet (Lily James), che viene ben presto notata da Mr. Darcy (Sam Riley), un giovane abile con le armi, ma arrogante e altezzoso. A causa della minaccia incarnata dai non morti, Elizabeth si ritroverà a combattere fianco a fianco con Mr. Darcy per tentare si salvare la sua patria, e con essa i suoi cari, dall’epidemia che non accenna a placarsi.

Il lungometraggio, caratterizzato da un sentimentalismo che vira prepotentemente sull’action, con sfumature horror, propone gli stessi personaggi del celebre universo letterario di “Orgoglio e Pregiudizio” creato dalla penna di Jane Austen, ma li rimodella seguendo più da vicino le orme di Seth Grahame-Smith in “PPZ – Pride + Prejudice + Zombies”. Il regista Burr Steers avanza una rivisitazione del classico senza tempo edito nel lontano 1813 da Jane Austen, e quindi si avvicina in punta di piedi per mostrare incertezze e debolezze di un’epoca in cui si supponeva con arroganza che il ceto sociale di appartenenza rappresentasse l’individuo. In una storia in cui l’emancipazione femminile vuole essere uno dei temi portanti, affiancato dalla sconfitta dei pregiudizi sociali, il recente best-seller di Seth Grahame-Smith è servito al film omonimo per introdurre un nuovo antagonista, più materiale e carnale, contro cui combattere, lo zombie.

Burr Steers immortala i protagonisti sul grande schermo, e tutto intorno a loro danza per far sì che i due paladini primeggino rispetto agli altri personaggi. La macchina da presa segue con totali scene d’azione, ma anche momenti più intimi in cui i personaggi sono chiamati a confrontarsi con le avversità esterne. I totali, a loro volta, cedono il passo ad intensi primi piani, in cui spesso regna il laborioso trucco di Mark Coulier, che rende verosimili le drastiche conseguenze dell’epidemia. Ad avvolgere i protagonisti che tendono ad estremizzare le personalità descritte da Jane Austen, ma risultano comunque piuttosto credibili, vi è una fotografia a tratti cupa, a tratti rigogliosa, che risalta la sfarzosità degli ambienti vittoriani ottocenteschi.

La solennità di una storia fondata sulla parola e sul dialogo, capace di comunicare sentimenti e conflitti interiori, è costretta a ripiegare su se stessa per permettere l’avanzata dell’action-movie, che convoglia su scontri corpo a corpo ed ondate di esseri pronti ad assalire tutto il suo sfarzo, dimenticando l’eleganza del romanzo originale. Tuttavia una vicenda dal carattere irriverente prende vita, conducendo il noto idillio amoroso ad assumere così una forma nuova ed accattivante.

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